Vi racconto il mio... Salone del Libro di Torino 2025

21 mag 2025

Libri
Eventi

Ogni anno alla fine del Salone del Libro di Torino penso a una parola che possa un po' racchiudere il tutto. In questi giorni ho pensato con costanza a questa: connessioni. 

Al momento provo ancora un po' di nostalgia dopo questi cinque giorni trascorsi a fare così tanti passi tra un padiglione e l'altro. Quanta stanchezza si prova, ma allo stesso tempo quanto manca quest'esperienza quando si giunge alla fine!

Il Salone ha sicuramente ancora molti difetti, eppure sei anni fa era un sogno realizzato e ora, invece, è una sorta di casa dove sono felice di tornare per tanti motivi.

Sicuramente perché sono circondata da così tanti libri e questo mi fa sempre stare bene; in quel luogo, poi, così pieno di persone con la mia stessa passione non mi sento aliena, anzi, provo finalmente quella comprensione che non sempre ricevo fuori  - circondata da persone che non capiscono perché io ami avere e leggere così tanti libri, anziché uscire e fare altro -. Ma, di anno in anno, c'è un ulteriore motivo: le connessioni che si sono create con altre lettrici, ma anche con editori e uffici stampa. Nel corso del tempo, infatti, si è creato un bellissimo rapporto con alcuni di loro, per i quali proviamo un grande affetto - in certi casi, mi auguro, ricambiato - e quindi c'è proprio quella voglia di tornare a incontrarli, scambiando abbracci ma anche belle chiacchierate. Si sgretola così quella sorta di muro venditore-acquirente e si crea qualcosa di molto più profondo.

Insomma, questi sono i motivi per cui tanto amo andare a questa fiera, uniti ovviamente alla possibilità di conoscere sempre nuove realtà editoriali e titoli davvero molto interessanti.


Eventi

Quest'anno sono partita con un'idea ben precisa: fare un mio personale percorso tra eventi e libri sulla Palestina. Ormai lo sapete, per me è un tema fondamentale, di cui tutti dovrebbero parlare. Perché stiamo assistendo a un vero e proprio genocidio, a una pulizia etnica che contribuiamo a far accadere. Ed io non voglio stare zitta. 
Il Salone del Libro purtroppo ha un po' questa idea di lasciare libertà di espressione, che posso anche comprendere, ma un po' meno quando si da voce a fascisti o sionisti. Però, non sono tra quelli che dicono che non c'era nulla sull'altro lato. Anzi, quest'anno ho molto apprezzato questo sguardo su quella terra, questa possibilità di ascoltare le voci stesse dei Palestinesi. E ho adorato anche la presenza di segnali forti in vari stand, con bandiere palestinesi, ma anche messaggi contro il genocidio. Io le ho viste in particolar modo da Astarte, D Editore, Tlon, Becco Giallo, Il treno della memoria, Meltemi, ma anche da Eris dove erano presenti scritte, poster, e borse con scritto Free Palestine, stop genocide, nell'Isola Rossa - che comprendeva Tamu, Alegre, Altreconomia, Elèuthera -, e da Edizioni Bepress c'era la scritta Free Gaza. Non sono mancati poi editori che hanno posto in bella mostra molti titoli sul tema. Quindi, non è vero che non c'era nulla. Bastava non limitarsi all'Oval, e osservare meglio.

Tornando agli eventi, non ho voluto sceglierne troppi, per vivere questa esperienza con più tranquillità e spensieratezza. Ma ne ho seguiti almeno quattro.


Giovedì 15 Maggio





Sono andata al panel intitolato “Amore e carri armati” promosso dalla casa editrice emuse, e che doveva vedere la presenza di Ziad Khaddash e Raed Wahesh. Purtroppo il primo non è riuscito a venire da Ramallah, ma ha lasciato le sue parole scritte e un messaggio molto profondo. Un po' un peccato, perché ho proprio in lettura il suo volume Le ferite ci raccontano, di cui vi parlerò presto. Sono memorie, frammenti biografici o finzione, che ha scritto in un'unica fase e che hanno come filo conduttore la ferita palestinese. Nelle sue parole si riflette l'amore per la Palestina e per la sua dignità. 
Raed Wahesh è nato in un campo profughi di Damasco, ma ora vive ad Amburgo. Giornalista, poeta, autore poliedrico, ha presentato la sua raccolta di poesie Il libro degli assenti, dedicando la sua attenzione anche alle diverse Palestine che in realtà esistono: il Libano, la Giordania, la Palestina storica, i palestinesi-siriani dimenticati. Ha parlato anche di quanto tutti siano connessi alla Nakba, quando hanno perso i loro diritti. C'è chi ha trovato un'altra vita in Europa, ma anche qui, sono silenziati. Lui, ad esempio, vive in Germania e lì non può esprimersi liberamente per il pericolo di essere accusato di antisemitismo. Le sue poesie dialogano con la morte, con l'assenza; cerca di comprendere il senso della vita attraverso la morte.


Venerdì 16 maggio 


© una valigia ricca di sogni - marta.sognatrice

Ho partecipato, invece, alla presentazione de Il libro della scomparsa di Ibtisam Azem, pubblicato da Hopefulmonster in cui abbiamo potuto ascoltare proprio la voce dell'autrice in dialogo con Paola Caridi e Claudia Durastanti. Devo ammettere che questo incontro mi ha particolarmente toccata e provata. Il testo cerca di interrogarsi su un quesito: cosa succederebbe se improvvisamente tutti i Palestinesi scomparissero? Cosa potrebbe succedere agli israeliani? Cosa potrebbe succedere nella vita di ognuno se non ci fossero più il nemico, il capro espiatorio, l'alibi?

Oltre a parlare del libro in sé, che io non vedo l'ora di leggere, ci ha anche condiviso la sua esperienza di palestinese in quella terra, con tutte le restrizioni, i soprusi, il colonialismo subito e che continua ancora oggi a proseguire in maniera sempre più atroce. Ibtisam ha menzionato anche il fatto che la narrativa israeliana cerca di far sparire tutto ciò che riguarda i palestinesi, c'è una vera e propria riscrittura della storia come se non fossero mai vissuti lì - una terra senza popolo, una delle bugie più grandi, che anche Ilan Pappé descrive bene nei suoi libri -. Questo li ha portati e li porta ancora a coprire qualsiasi traccia visibile dei vecchi villaggi palestinesi, ma anche a sradicare gli alberi autoctoni, per piantarne altri (e si sono visti di recente gli effetti, con tutti quei fuochi). 

Quello che mi ha lasciata anche provata è questa sensazione amara che i Palestinesi purtroppo e giustamente hanno di vedere il mondo voltato dall'altra parte. Per questo è importante dare loro voce. Vi lascio qui alcune delle frasi per me più potenti e significative: 

I Palestinesi vogliono che si parli della verità. Non vogliono qualcuno che li difenda.
Una Palestina libera è un mondo migliore per tutti.


Sabato 17 maggio


© una valigia ricca di sogni - marta.sognatrice

Ho partecipato a due eventi davvero molto belli, per quanto diversi.
La mattina ho avuto l'opportunità di seguire l'incontro con Paola Caridi e Francesca Mannocchi che hanno dialogato con alcune studentesse del Liceo Massimo D’Azeglio di Torino. Anche qui ne sono uscita molto provata, e con gli occhi lucidi. Ho faticato davvero tanto a trattenere le lacrime. Credo che sia importantissimo ascoltare le voci palestinesi, ma anche quelle di giornaliste e giornalisti che in quella terra sono andati di persona, e che non sono traviati dalla propaganda sionista. Poi, questo è il mio pensiero.
Le ragazze, partendo dai romanzi delle due autrici (Gerusalemme. La storia dell'altro, di Caridi e Sulla mia terra, di Mannocchi), hanno posto domande sulla base delle varie città, in un viaggio che ci ha portati da Tel Aviv, a Jenin, fino a Gaza e Gerusalemme. 

Tel Aviv è la città in cui subito si percepisce l'invisibilità, sin dall'arrivo in aeroporto. Un'invisibilità che inizia dalle strade, ma anche da quei muri altissimi che separano territori, quasi a creare una sorta di schermo oltre il quale l'altro - il palestinese - non si vede. E se non si vede, se lo elimini dall'orizzonte lo elimini anche dalla tua comprensione. 

Jenin. Un campo profughi che non esiste più, così come Freedom Theatre, un progetto culturale e artistico teso a generare una resistenza culturale per offrire ai bambini e alle bambine, ai ragazzi e alle ragazze un'alternativa alle armi, alla resistenza armata. In una delle incursioni militari israeliane il direttore è stato arrestato. Attaccare una realtà simile significa minare qualsiasi possibilità che i ragazzini crescano pensando che ci sia un'alternativa alla violenza. La distruzione di alcuni luoghi simbolici, o di persone che hanno fatto della resistenza non violenta la loro parola d'ordine, ci lascia pensare che ci sia una vera e propria strategia per annientare lo stato palestinese. Alle parole di Mannocchi, la Caridi ha consigliato anche un documentario: Arna's Children, il viaggio di Arna, una madre israeliana malata di tumore, insieme al figlio a vedere questi ragazzi che finiscono nella resistenza armata.


Speranza è una parola che secondo me in questo momento non dobbiamo usare perché deresponsabilizza, mette questo calice lontano da noi, e invece è un calice amaro che ci riguarda tutti e che dobbiamo bere perché l'Europa muore a Gaza, e non solo l'Europa, moriamo tutti noi a Gaza. [Paola Caridi]


Su Gaza le ragazze hanno posto una domanda su Hamas, che credo che sia essenziale per comprendere molto di più come si è potuti arrivare al 7 ottobre. In particolare, poi Francesca Mannocchi si è soffermata a riflettere su quanto anche qui ci si è focalizzati per troppo tempo a chiedersi se Gaza fosse occupata o meno: Gaza è un posto dove i governi di destra, sinistra e centro israeliani a un certo punto si sono messi a tavolino a decidere quale fosse il minimo sindacale di calorie che dovessero entrare per sfamare i cittadini palestinesi. Davvero si può ancora discutere su questo?

Paola Caridi, invece, ci ha narrato del suo viaggio di persona a Gaza ai tempi delle elezioni che hanno portato Hamas al potere. A Gaza si entrava attraverso un portoncino di acciaio, si presentava il passaporto, e c'era un muro di cemento armato alto nove metri... costruito dagli israeliani. Sopra a quel muro c'erano le torrette da cui i soldati israeliani sparavano tranquillamente. Si percorreva almeno un km, nel nord di Gaza, e dopo una terra di nessuno lì cominciava la Gaza dei Palestinesi.
Quando si chiude questo portoncino di acciaio alle spalle, il primo impeto è di scappare, tornare indietro, perché sembra davvero di accedere a una prigione a cielo aperto. Aria, acqua... tutto è controllato dagli Israeliani. Una delle cose più terribili è il rumore dei droni, persistente, continuo, ventiquattro ore al giorno. Il mare per i gazawi è l'orizzonte, è la cosa a cui non rinunceranno mai, è la bellezza di Gaza, è il senso della profondità... ma è un orizzonte negato, perché pattugliato dagli Israeliani. 
Non è occupata?

Hanno ribadito più volte che non è iniziato tutto il 7 ottobre, di quanto sia importante sanzionare uno stato che compie una tale brutalità, non avendo nessun rispetto per le regole. E di quanto sia importante ascoltare le voci Palestinesi, e di quanta responsabilità abbiamo noi europei in tutto questo. Interessante è stato anche il riferimento di Paola nei confronti dei testi di Primo Levi e Anna Frank: loro ci avevano già messo in guardia di un possibile ritorno a quello che è stato. A una nuova forma di genocidio che si sta consumando sotto i nostri occhi.

Vi lascio un ultimo messaggio secondo me davvero forte - anche se ho davvero riassunto molto del bellissimo evento -:

La speranza non ce la possiamo permettere in questo momento. Non ce la dobbiamo permettere. In questo momento noi ci dobbiamo imporre una razionale e cartesiana lucidità. E la lucidità significa che non dobbiamo andare a cercare il balsamo affinché quello che sta succedendo nella striscia di Gaza ci faccia meno male. No, ci deve proprio fare male. Non ci dobbiamo dormire la notte, perché dentro la striscia di Gaza mentre noi cerchiamo degli esempi virtuosi che pure ci sono, però scusate, chissenefrega oggi... perché mentre ai bambini vengono tagliate le gambe senza anestesia a me se un gruppo di donne palestinesi e israeliane fanno insieme un bel pasto il venerdì o il sabato, non me ne frega niente. Niente.
Me ne frega che a un bambino che ha l'età di mio figlio, non venga staccato un braccio su un tavolo senza anestesia perché un governo criminale non fa passare le medicine, non fa passare il carburante. 

...

Se sono morti ventimila bambini in un anno e mezzo, uccisi dalle bombe israeliane non è il momento di pensare alla speranza, è il momento di scendere in piazza e gridare che basta. Questo è quello che dobbiamo fare oggi. [Francesca Mannocchi]




© una valigia ricca di sogni - marta.sognatrice

Nel pomeriggio, invece, siamo andati alla presentazione del nuovo volume pubblicato da Hacca, nella collana dedicata agli elementi. Dopo la Terra con Nome non ha, di Loredana Lipperini, e l'Acqua, con Melusina di Laura Pugno, siamo arrivati all'aria con Celeno l'Oscura, di Viola Di Grado, ancora una volta arricchito dalle splendide illustrazioni di Elisa Seitzinger. In questo caso ci si sofferma sulla figura delle arpie, con una scrittura sperimentale che gioca tra la mitologia e la scienza, la modernità. Siamo in una realtà in cui queste figure esistono, e la protagonista ha come unico interesse lo studio di questi uccelli leggendari. Ma quando inizierà a lavorare per una commerciante che sfrutta le capacità divinatorie delle arpie e ne vende le uova nel mercato nero, comincerà a capire cosa può davvero fare per stare meglio in un mondo che odia sia lei che quegli uccelli stupefacenti. Sono davvero curiosissima di leggerlo!



© una valigia ricca di sogni - marta.sognatrice

Ah, dimenticavo! Domenica poi ho partecipato a un mini-evento-non-proprio-evento, in cui editrici e traduttrici hanno presentato la nascita di una nuova casa editrice La bottega dell'invisibile, e i primi due titoli in uscita a fine maggio (più precisamente il 28): Le sorelle invidiose e altre storie morbose, di Landis Blair, in cui il fumettista intreccia orrore ed umorismo attraverso brevi vignette in rima; ma soprattutto un titolo che mi ispira tantissimo, Slewfoot di Brom, ambientato nel 1666 nei grigi e oscuri boschi del Connecticut, dove si risveglia un antico spirito. Diciamo che le storie di streghe, demoni e via dicendo, sono proprio quelle per cui impazzisco!



Case Editrici e incontri

Mai come quest'anno sento un vero e proprio magone dentro per la fine del Salone. Forse perché ormai, come dicevo, si sono create delle particolari connessioni che mi hanno riempito il cuore di gioia, facendomi sentire come a casa in diversi stand. Siamo di fronte a una fiera del libro caratterizzata da spazi immensi, così piena di stand - spesso neanche legati all'editoria - che è facile smarrirsi, o trovare tutto forse un po' troppo dispersivo. Eppure ci sono alcuni punti in cui sappiamo bene dove rifugiarci, in quegli spazi che mi piace chiamare case, perché è così che editori e uffici stampa ti fanno sentire. Quest'anno ci sono state delle conferme, delle stelle sempre fisse, ma se ne sono aggiunte altre che hanno toccato profondamente il mio cuore grazie alle persone incontrate.

Tra le conferme ci sono sicuramente Gianmaria e Giulia di Prehistorica Editore, con i quali ci siamo soffermati più volte a parlare. Sono tra gli editori, secondo me, che amano così tanto il loro lavoro da coinvolgerti totalmente quando ti parlano dei loro libri. Infatti, sin dalla prima volta che li abbiamo conosciuti, non abbiamo resistito. Colpiti e affondati! Con loro abbiamo anche una foto ricordo. Sono davvero felice del rapporto che si è creato.


© una valigia ricca di sogni - marta.sognatrice



Così come Valentina, di 21lettere che ha sempre delle bellissime parole per me e quello che faccio. Lei, forse, più di altri mi ha dato così tanta fiducia, permettendomi di collaborare insieme in più di un'occasione e francamente sono felice di aver scoperto un catalogo così bello e interessante. In questo blog trovate davvero tanti libri di cui ho scritto e che vi consiglio assolutamente di recuperare.

Altro stand dove amiamo andare sempre, è quello di Agenzia Alcatraz: non solo hanno titoli davvero molto belli, ma Max mi ha fatto scoprire la scrittura di Ethel Mannin - e non solo - ed è nato un altro amore letterario! Sono editori simili quelli da cui è sempre piacevole tornare, perché non si limitano a guardarti in silenzio o a spingerti per forza a comprare, ma cercano di trasmetterti la passione vera per ciò che decidono di pubblicare.


© una valigia ricca di sogni - marta.sognatrice


ABeditore ha il mio cuore da ormai sei anni. Li ho scoperti per caso al mio primo Salone e da quel momento è stato sempre amore. Amo i loro libri, la cura che ci mettono in ogni dettaglio, la loro passione. E anche il loro coraggio: hanno avuto e stanno ancora affrontando un periodo difficile, ma sono contenta che non smettano di lottare e spero che possano risorgere come una fenice dalle proprie ceneri. Lorenzo e Antonella credo che sappiano quanto io sia loro affezionata, quanto io apprezzi il loro lavoro, e quanto per me sia importante sostenerli sempre. E non smetterò di farlo. Anche lì, nel loro splendido stand, tra candele, maschere, teschi e oscure bellezze, è sempre casa.

Hacca è un'altra realtà che amo moltissimo, e in questo caso il senso di casa è dovuto anche alla regione dalla quale Francesca e Silvia provengono: le mie amatissime Marche. Anche con loro si è creato un bellissimo rapporto e sono proprio felice di andare ogni volta a salutarle e perdermi nei loro libri. La collana sugli elementi, poi, è davvero splendida da vedere e collezionare! Ma non solo. 


© una valigia ricca di sogni - marta.sognatrice

Ci sono poi altre case editrici che ho scoperto negli ultimi anni, dalle quali è ugualmente un piacere ritornare, in modo particolare amiamo molto passare da Blackdog, D Editore, Pidgin, Suigeneris da Edizioni Piuma dove quest'anno ho avuto l'opportunità di conoscere Alessia e prendere il suo libro (La borda), da Edizioni Hypnos e Zona 42, tappe fisse, così come da Aboca, che resta uno degli stand dove trovare un po' di respiro con il suo bosco degli scrittori; e ancora da Moscabianca un'altra giovane realtà editoriale davvero molto interessante, dove ho potuto finalmente vedere di persona Federica e conoscere Diletta! E ancora, Rebelle, altro stand dove se potessi comprerei tutto, grazie alle loro edizioni illustrate davvero degne di lode. 

Però devo ammettere che quest'anno ho trovato quella sensazione di casa anche e forse soprattutto da Safarà, dove ho potuto incontrare Lucrezia e Ornella, che mi hanno subito accolto con un tale calore e così tanta gentilezza, da farmi provare una dolcissima sensazione nel cuore. Grazie anche a voi per la fiducia che avete riposto in me, grazie per le vostre parole, grazie per averci accolti in un modo così splendido, e offerto anche un bel aperitivo che male non fa! 





Stand bellissimi e sempre molto particolari di anno in anno restano quelli de L'Ippocampo, di Marotta e Cafiero e Coppola, che hanno portato un po' di tarocchi, cucina e anche un luna park, rendendo sicuramente molto più colorato il Salone. Molto bello anche quello di Caravaggio Editore tornato al Salone dopo una pausa, grazie anche all'arte di Daniele Serra, che personalmente amo molto.

Accanto ad altri editori che ho piacevolmente ritrovato al Salone del Libro, (purtroppo non siamo riusciti a dedicare molto tempo ad altri amati), siamo riusciti a conoscerne di nuovi di cui vi parlerò meglio nelle prossime settimane grazie ad alcune interviste che abbiamo fatto: Nutrimenti, dove ho conosciuto Laura che mi ha proposto un testo fondamentale per ascoltare le voci palestinesi e che voglio leggere al più presto; Eris, con uno stand bellissimo e libri davvero curiosi, così come Mercurio che trovo abbia già una linea ben precisa, sin dall'allestimento. Abbiamo poi posto le nostre domande a una casa editrice che in verità avevo già iniziato a conoscere con alcuni testi molto interessanti: effequ; e poi ci siamo dedicati anche alla scoperta di Bakemono Lab, Cliquot, Wudz, Detomi e Officina meningi (che si occupa di libri game e giochi di ruolo). Altra e ultima casa editrice da menzionare è sicuramente Emuse che ha molti libri sulla letteratura e poesia araba, e qui Grazia mi ha fatto dono di altri due libri di poesia palestinese. Grazie, davvero di cuore. 





Ma c'è sicuramente molto altro da trovare!

Quest'anno poi ho cercato di superare l'ostacolo della mia timidezza, approcciandomi anche ad altre lettrici, autori, artisti. 
Ho avuto la fortuna di rivedere Eva (@libri_per_vivere), Ambra (@sonosololibri), Samanta (@samlibrary94) e Giulia (@giulia_ciarapix), ma anche di conoscere Vera (@lettrice_per_passione), Anna (@l.antro.di.anna), Federica (@infestazioni), Alessia (@svoltapagina), Erica (@labrughierainfestata), e Francesca (@frans_notebook). Davvero tanti piacevoli incontri. 

Ma abbiamo avuto anche il tempo di farci autografare moltissimi libri: due di Marco Calvi, ragazzo che adoro sia come persona sia come artista; amo follemente la sua arte, ed è stato bellissimo abbracciarlo e rivederlo. E poi abbiamo rivisto con piacere Lucio Besana, e incontrato altri autori e autrici come Luigi Musolino, Fiamma, Sabrine (JesuisSabrine), Valentina Ramacciotti, Viola Di Grado ed Elisa Seitzinger, Ibtisam Azem, Giuseppe Zucco, Valentino Sergi, Francesca Tassini, Diletta Crudeli, Elizabeta Keci, Andrea Viscusi, Angela e Karlheinz Steinmüller e, come dicevo, Alessia Rossi. Insomma, una bellissima 'raccolta'!


Il nostro bottino e alcuni omaggi

Come ogni anno parto convinta di prendere poco e poi, con quel folle accanto a me, torniamo a casa con una pila infinita di libri. Quest'anno ne abbiamo presi 45, ma una decina sono degli omaggi inaspettati da parte di alcune case editrici che non smetterò mai di ringraziare. 
Il mio grazie infinito va a Lorenzo e Antonella di ABeditore, Grazia di Emuse, Emmanuele di D Editore, Michela di Caravaggio Editore, Valentino di Officina Meningi, Lucrezia e Ornella di Safarà, e Laura di Nutrimenti per avermi fatto dono di uno (o in qualche caso) più titoli dei vostri cataloghi. Omaggi quasi tutti inaspettati che mi hanno davvero riempito il cuore. Vi ringrazio per l'affetto, o per la fiducia che mi avete donato. 

Qui trovate una foto di tutti i libri presi, ma tranquilli, arriveranno pian piano i miei pensieri. 


© una valigia ricca di sogni - marta.sognatrice



Pro e Contro del Salone

Devo essere sincera, quest'anno ho respirato un'aria molto più serena al Salone, e non è una sensazione che ho provato solo io. Anche nell'ascoltare le voci di editori e altri lettori, abbiamo avuto questa cosa in comune. L'anno scorso ero arrabbiata anche se poi avevo trovato gesti di gentilezza che avevano un po' alleviato quel sentimento così negativo. Questa volta complice forse la scelta di fare qualcosa in meno, la giustizia ottenuta, e l'accoglienza che alcuni mi hanno riservato, sono stata bene - anche se non ero in forma al 100%.

Sono rimasta anche stupita da quei piccoli accorgimenti che finalmente hanno avuto. Hanno inserito molti bagni in più all'esterno e così le code sono state molte meno rispetto al solito, e ho visto anche dei posti a sedere lungo la galleria dei visitatori che non c'erano gli altri anni. Forse le tante lamentele sono state finalmente ascoltate. Anche la gestione degli ingressi e degli eventi, per quel poco che ho visto, mi è sembrata buona.

Ho apprezzato moltissimo la presenza di voci Palestinesi o comunque di persone che hanno parlato di Palestina, perché credo che in contesti simili sia molto ma molto importante parlarne. È stato bellissimo vedere le sale piene, segno che il popolo italiano forse non vuole stare dalla parte sbagliata.

Tra i contro restano i prezzi assurdi: sia per il biglietto di ingresso che per me è veramente troppo alto (e non ho ancora capito perché sul posto costi ancora di più), sia per i costi della ristorazione. Mi dispiace, ma non ci siamo proprio. Costa tutto veramente troppo, e non mi sembra giusto. Per fortuna noi portiamo sempre tutto da casa, però... 

Poi io non darei spazio proprio a tutti, perché diciamo che dare voce a chi sostiene un genocidio non mi sembra così opportuno. Va bene la libertà di espressione, ma anche meno in certi casi. Ma anche la presenza di stand che poco hanno a che fare con l'editoria vera e propria, mi sembra sempre inutile. 

Questa almeno è stata la mia esperienza. 



© una valigia ricca di sogni - marta.sognatrice
Commenti
Ancora nessun commento.

TAGS