La prima moglie (Rebecca), di Daphne du Maurier

26 Mar 2021

Libri

Letto per la tappa di Marzo della #readingthedarkchallenge di sonosololibri e louchobi. Tema: un horror/gotico/weird scritto da una donna.

Attendevo con trepidazione questa tappa della #readingthedarkchallenge su Instagram perché da tempo volevo recuperare un titolo di cui avevo sentito parlare sempre in maniera positiva. Mi riferisco a Rebecca, La Prima Moglie di Daphne Du Maurier, un libro che mi ha rapita e che per certi elementi mi ha ricordato la mia amata Jane Eyre.
È una di quelle storie dove forse per certi aspetti sai già cosa accadrà, eppure ti senti ugualmente coinvolta, desiderosa di risolvere il mistero che pervade queste pagine e che per altri motivi ti sorprende, ammaliata soprattutto dalle molte descrizioni dei paesaggi e della dimora in cui tutto è ambientato, in cui possiamo ritrovare quegli aspetti gotici che cercavo.

Un libro che mi ha tenuta incollata alle pagine, e che vi consiglio di recuperare.

Sognai l'altra notte che ritornavo a Manderley.

© una valigia ricca di sogni - marta.sognatrice

Il romanzo inizia così, con un malinconico e struggente ricordo e delle riflessioni che rimandano a un finale tutto da scoprire. Sin dalla prima riga l'attenzione è subito catturata ed emergono le prime domande, i primi perché.

Poi, la voce narrante - di cui non conosceremo mai il nome -, ci porta con sé a Monte Carlo, dove la troviamo come dama di compagnia della signora Van Hopper, una ricca americana un po' snob, volgare, e alquanto particolare. Qui, le due donne fanno la conoscenza con Maxim de Winter, vedovo inglese, dal carattere freddo e misterioso, che però prova ben presto interesse per la giovane ragazza appena ventenne. I due iniziano a trascorrere diversi giorni insieme e, nel giro di poche settimane, Maxim le chiede di sposarlo. La ragazza accetta, piena di entusiasmo e innamorata di lui, e dopo un matrimonio rapido e un breve viaggio di nozze in Italia, lo segue nella bellissima tenuta di Manderley, in Cornovaglia.

In questa elegante dimora dalle molte stanze dal sapor antico, attorniata da una natura rigogliosa, di una bellezza a tratti quasi oscura, e dal rumore del mare a poca distanza, la protagonista inizia a provare sentimenti contrastanti. Giovane, inesperta, priva di esperienze, è anche molto introversa e terribilmente insicura e, spesso, tende a perdersi nei pensieri, a immaginare scene e atteggiamenti che nella realtà tende a bloccare a causa del suo carattere. L'atteggiamento freddo e distaccato della servitù, e in particolare della misteriosa e arcigna governante, la Signora Danvers, spingono la ragazza ad avere serie difficoltà ad adattarsi a quello stile di vita molto distante dal suo. Tutte le persone che la circondano e che via via è costretta a conoscere non smettono di paragonarla alla defunta moglie di Maxim: Rebecca, il cui ricordo è sempre vivido e la cui presenza - seppur invisibile - sembra ancora infestare quegli spazi. Ogni oggetto che tocca, ogni disposizione, ordine, sono ancora di proprietà di Rebecca, anche i cani - da principio - sembrano vederla come un'intrusa.

Mai dimenticherò l'espressione d'odio e di trionfo che deformava quella faccia. La faccia di un demonio esultante. E mi sorrideva.

Ed è proprio Rebecca che diviene la vera protagonista. Una morta. Un personaggio che non appare mai concretamente, ma che è sempre presente, e che va a minare la mente già fragile della nuova moglie, così impacciata, goffa, poco elegante, così timida e introversa, così incapace di prendere delle decisioni ferme, concrete. In netto contrasto, quindi, con Rebecca: la donna perfetta, bellissima e disinvolta, di un'eleganza unica, capace di ammaliare tutti con i suoi modi, i suoi sorrisi, con le sue scelte, e le sue parole.

Provate a immaginarvi al posto di questa giovane ragazza, sposata troppo in fretta con un uomo più maturo, con quasi nessuna esperienza di vita e un carattere molto chiuso. Indossate i suoi panni, passeggiate nelle stanze della tenuta, in quell'inquieto silenzio delle grandi sale, interrotto dal rumore di passi esitanti e troppo goffi, guardata con disprezzo o freddezza da tutti - o quasi - e con costanti paragoni con la ex del marito. Come vi sentireste?
Lei avverte la sensazione di essere un'estranea, inadeguata al suo nuovo ruolo; inizia a provare anche una forte gelosia, la persistente paura di non essere veramente amata dal suo Maxim che, con i suoi strani atteggiamenti, sembra ancora rivolgere il suo cuore e i suoi pensieri al passato.
Questa lenta, inesorabile caduta psicologica della giovane - tratteggiata in maniera splendida da Daphne Du Maurier - ha un punto decisivo e di rottura con un ballo in maschera che sarà tenuto a Manderley. E... da lì, seguiranno una serie di eventi che porteranno a comprendere quanto da un lato sia importante reagire e divenire protagoniste della propria vita, anziché restare come comparse sullo sfondo, e dall'altro lato rivelare quanto l'apparenza spesso possa ingannare.

Come dicevo, il personaggio principale non è tanto la voce narrante, quanto la moglie defunta, questa Rebecca agli occhi di tutti così perfetta e amata - quasi in maniera ossessiva, soprattutto dalla governante - da non essere mai stata dimenticata, neanche a distanza di un anno. La sua essenza pervade i luoghi, le persone, le pagine di questo libro. È così insistente, che quasi spinge il lettore stesso a vedere la nuova moglie come un'usurpatrice.
In verità, almeno per buona metà del libro, ho provato una sensazione strana nei confronti di quest'ultima. Se da un lato per una similitudine di carattere riuscivo in parte a comprenderla, dall'altro lato avrei voluto scrollarla, spingerla a reagire, a non farsi trattare quasi come un cane da Maxim. Poi, per fortuna, qualcosa cambia in seguito.

Non avere un nome significa non essere nessuno, annullarsi, in funzione di qualcun altro: ossia di quella Rebecca che compare sempre. Rebecca, sempre Rebecca.


... Ella (Rebecca) era nell'ala a ponente, nella biblioteca, nella stanza a mattina, nella galleria dei menestrelli. Persino nella cameretta dei fiori, dov'era ancora appeso il suo impermeabile. E nel giardino, e nei boschi, e nella casetta di pietra nella spiaggia. I suoi passi risonavano pei corridoi, il suo profumo impregnava l'aria. La servitù obbediva ai suoi ordini ancora, i cibi che mangiavamo erano i cibi suoi preferiti. I suoi fiori prediletti ornavano le stanze. Negli armadi erano appesi i suoi vestiti, sulla pettiniera c'erano le sue spazzole; e le sue pantofole erano ai piedi della poltrona, e la sua camicia da notte stava pronta sul letto. Rebecca era ancora padrona di Manderley. La signora De Winter era ancora Rebecca. Qui io ero un'intrusa.


Tuttavia, l'altra grande e meravigliosa protagonista è la tenuta stessa: Manderley, che diventa quasi un altro personaggio, un elemento chiave e importante. Un luogo che può apparire quasi come un regno di una fiaba, ma come le fiabe ha il suo lato oscuro. Le descrizioni degli ambienti, ma soprattutto della natura che circonda la tenuta - con le sue rose, il profumo delle azalee, il colore carminio dei rododendri, i tanti alberi che conducono alla casa - sono di una tale bellezza, da lasciare il lettore incantato, rapito, ed è soprattutto in questi elementi che ho ritrovato quel tocco di Gotico che cercavo. La casa, la natura circostante, il mare impetuoso che desta un profondo turbamento in Maxim - perché nelle acque è stato ritrovato il corpo straziato di Rebecca - fanno da contrasto con la Valle della Felicità, un luogo incantato, denso di meraviglia, nel quale la giovane narratrice non si sente più un'estranea, una straniera, ma ritrova quella sorta di serenità turbata dalla nuova vita. Qui i rododendri perdono il color del sangue, per assumere le tonalità della purezza, rosei, bianchi, dorati.

La meraviglia, a mio avviso, al di là della storia ben strutturata sta appunto nelle incantevoli descrizioni; ma anche nella capacità dell'autrice di riuscire a indagare nell'animo umano, nell'aspetto più psicologico, nel turbamento interiore davanti a una nuova realtà, a una presenza apparentemente invisibile che ancora incide molto, e ti porta a dubitare anche di te stessa. E la cosa più inquietante, possiamo dire, è che la morta prende in un certo senso vita dagli atteggiamenti, dai pensieri, dall'immaginazione e dagli occhi della stessa viva. Due donne contrapposte, un gioco di doppi dove ti domandi costantemente chi tra le due sia davvero l'ombra dell'altra.


D'un tratto il cupo fogliame si schiuse a mostrarmi una radura, e un lembo di cielo, e in un attimo gli alberi s'erano diradati, gli ignoti cespugli erano scomparsi, e dalle due parti si ergeva una muraglia di colore, d'un rosso sanguigno, alta assai oltre le nostre teste. Eravamo in mezzo ai rododendri. Quella rivelazione così improvvisa mi aveva causato una sorpresa tanto brusca da rasentare il malessere.  [...] I fiori mi turbavano con le loro facce chermisi, ammassate le une sulle altre in una profusione incredibile, tanto che non si vedeva una foglia, non un ramo, nulla fuorché quel sanguinario rosso, lussurioso e fantastico, dissimile da qualsiasi altro rosso di rododendri che avessi mai veduto.


Come anticipavo, poi, la lettura di questo romanzo mi ha rimandata a un altro classico che ho molto amato: Jane Eyre. Ci sono vari elementi di congiunzione tra i due libri, per cui, a mio avviso, se avete tanto amato il romanzo di Charlotte Brontë, potrete amare anche questo di Daphne du Maurier.

Rebecca, la prima moglie è una lettura che non può essere etichettata in un genere ben definito: romanzo gotico, sì, ma anche romantico, e con sfumature di noir e mistero. Io l'ho veramente amato e letto con piacere. La prosa evocativa dell'autrice da un lato ti cattura sin da subito, dall'altro ti fa sprofondare totalmente nelle atmosfere create, e provare anche nel tuo intimo alcuni dei turbamenti della giovane voce narrante.
Sindrome di Rebecca? Gelosia retroattiva? E vorrei ben dirlo con quel che le accade!

Scherzi a parte, se non lo avete già fatto, vi invito a recuperare questa bellissima lettura. Poco più di quattrocento pagine che si leggono in un soffio, incantati e rapiti dalla trama e da una scrittura davvero splendida.
Io non vedo l'ora di proseguire la mia conoscenza dell'autrice con altri suoi lavori, ma anche di recuperare il film!

IL LIBRO

La prima moglie (Rebecca)
Daphne Du Maurier
Casa editrice: Mondadori
Traduzione di: Alessandra Scalero
Pagine: 461
Anno di pubblicazione: 1940
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