Il signore delle mosche, di William Golding - Recensione

29 Jul 2020

Libri

Titolo scelto per la tappa di luglio della #fantadistochallenge ideata da Sono Solo Libri, e con tema: "un distopico/fantascientifico con protagonisti dei bambini/adolescenti".

   

Volevo leggere questo libro da diverso tempo, attratta dal titolo che rimanda a un demone, Belzebù, e che mi incuriosiva soprattutto per la scelta di rendere protagonisti di una realtà distopica dei bambini. Dopo la grande delusione di Anna, di Ammaniti (che francamente ora mi piace anche meno, visto che ho riscontrato molti elementi simili a questa lettura), ne Il Signore delle Mosche di William Golding ho finalmente trovato un libro che affronta il tema in maniera originale, ma anche spiazzante.

Sono sempre più convinta che la fantascienza e la distopia non siano generi da relegare in una fascia inferiore, anzi. Tra le righe di queste pagine si possono trovare molti spunti di riflessione, che rendono molti titoli scritti anni fa in un contesto politico anche diverso, purtroppo molto attuali. Come in questo caso. Ho avuto i brividi nel capire quanto sia vera la riflessione di Golding, seppur nel suo assoluto pessimismo sulla natura umana, orientata facilmente al male.

 

Che cosa è meglio: la legge e la salvezza, o la caccia e la barbarie?

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Siamo in un'isola deserta e, apprendiamo sin dalle prime righe, che gli unici sopravvissuti sono dei bambini/ragazzi, dopo che l'aereo su cui viaggiavano è stato abbattuto, durante una non ben specificata guerra nucleare. I primi protagonisti che ci vengono presentati sono Ralph e Piggy - soprannome dispregiativo che subito si divertono a usare contro di lui -. La scoperta di una conchiglia li porta a richiamare tutti gli altri bambini sopravvissuti. Bambini e ragazzi dai sei ai tredici anni. Nessun adulto è presente. Il suono della conchiglia porta dinnanzi a Ralph e Piggy anche un gruppo particolare: i ragazzi del coro, vestiti con tuniche nere con croce d'argento sul petto e berretto nero. Avanzano quasi in una sorta di marcia, con a capo un ragazzo abbigliato nel medesimo modo, ma con una croce d'oro: Jack.

L'isola nei quali sono dispersi si presenta quasi come un paradiso. C'è tutto, acque limpide, materiale per creare rifugi, cibo, eppure, sembra aleggiare una sorta di ombra, minacciosa, che pian piano si concretizza in paure, in incubi che coinvolgono soprattutto i più piccoli, nel pericolo di una misteriosa Bestia che circola in quei luoghi.

Durante questa prima adunata, i ragazzi cercano di mettersi d'accordo scegliendo un capo e adottando delle regole, così da riuscire a salvarsi e a gestire quei momenti in attesa dell'arrivo degli adulti. Viene scelto a maggioranza - sebbene non dai ragazzi del coro - Ralph, il quale indica come prima legge di accendere un fuoco, in alto, in modo tale che il fumo possa essere visto da eventuali navi. Un modo per salvarsi e lasciare quel luogo. Si devono creare rifugi per la notte, ma anche andare alla ricerca del cibo. Di quest'ultimo se ne occuperà Jack con la sua squadra. Inoltre, ad ogni assemblea, tutti avranno il diritto di parlare, ma potranno farlo solo quando avranno tra le mani la conchiglia, che diventa quindi un simbolo importante.

Quella che appare come una democrazia perfetta, dove tutti collaborano per vivere al meglio, pian piano inizierà a crollare, facendo emergere la vera natura umana. Jack, infatti, non sopporta di non essere il capo, e lascerà che l'istinto prevalga sulla ragione.

 

La luce del sole ora aveva abbandonato la radura e si ritirava dal cielo. L'oscurità scendeva, invadeva gli spazi tra gli alberi finché essi divennero cupi e strani come il fondo del mare. Le gemme si aprirono in grandi fiori bianchi, risplendenti sotto la luce delle prime stelle che punteggiavano il cielo. Il loro profumo si sparse nell'aria e prese possesso dell'isola.

 

Da una situazione idilliaca, con descrizioni sublimi della natura, si scivolerà verso un baratro sempre più terribile. La caccia ai maiali, il sangue, i volti dipinti che diventano maschere dietro cui nascondersi e lasciare emergere l'io più oscuro, più violento, porteranno Jack e i suoi seguaci, tra cui emerge ben presto la follia violenta di Ruggero, a imporre il proprio potere. Jack userà la paura delle masse per controllarli tutti. Questa Bestia che aleggia sempre sull'isola ma che mai veramente si vede, verrà usata dal ragazzo per attirare tutti i bambini dalla sua parte, portandoli via dalla razionalità di Ralph e dalla saggezza di Piggy.  Jack, da bravo dittatore, fa suo il mito della bestia, lo accresce, ci gioca quasi, si nutre di tale paura, per divenire il capo. E la massa inizia ad accettare anche le azioni più ignobili, violente, assurde. Non è forse anche questo il comportamento e l'obiettivo delle dittature?

Questo punto mi ha fatto molto riflettere anche sulla nostra realtà. Non farò nomi di politici italiani, ma credo che analizzando il libro, un nome tra tutti spunterà nella mente di molti di noi. Jack è come quei politici che pur di ottenere il potere, cercano un capro espiatorio, giocano costantemente con le paure delle persone, delle masse, per controllarli, assoggettarli al proprio volere, e spingerli poi alla violenza - un esempio è Ruggero, che lascia completamente andare il suo spirito violento e crudele, soprattutto contro gli indifesi.

 

Accanto allo stagno sul suo corpo nervoso stava una maschera che affascinava e spaventava. Cominciò a ballare, e le sue risa divennero grida sanguinarie. Fece una capriola verso Guglielmo, e la maschera sembrava una cosa indipendente, dietro alla quale Jack si nascondeva, liberato dalla vergogna e dalla coscienza di sé.

 

Quella che era un'isola-paradiso, si trasforma ben presto in un piccolo inferno in terra, dove le fiamme giocheranno un ruolo molto importante. I ragazzi hanno molta libertà, non sono più sotto il controllo degli adulti, quindi anche le stesse leggi della società decadono. I protagonisti si scontrano, la violenza avanza. Riti ancestrali, allucinazioni, follia umana. Da ragazzi civilizzati si trasformano in selvaggi senza più regole né controllo. Fino ad arrivare a delle immagini terribili che fanno male.

C'è quindi una contrapposizione sia politica ma anche tra bene e male, che ci permette di distinguere i vari ragazzi.

Da un lato, ad esempio, troviamo Ralph, il ragazzo più razionale, democratico, che cerca di costruire una sorta di società basata su regole precise che permettono di sopravvivere. Il pensiero del protagonista è sempre orientato al fuoco, che deve rimanere acceso, per la loro salvezza. Dall'altro lato, sua nemesi, è sicuramente Jack. L'immagine del dittatore, del totalitarismo. Jack è violento, superbo, prepotente. Jack vuole il potere, e per averlo è pronto anche allo scontro. Ma capisce anche come controllare gli altri, giocando sulle loro paure. E dietro una maschera ben precisa sembra nascondersi perdendo completamente il controllo delle sua azioni. Liberando, forse appunto per esprimere meglio il concetto dell'autore, la sua vera natura umana dedita al male.

I due ragazzi erano uno di fronte all'altro e si guardavano. Da una parte c'era il mondo brillante della caccia, della tattica, dei giochi feroci e pieni di destrezza; dall'altra il mondo del senso comune, con le sue aspirazioni e con le sue delusioni.

 

Poi abbiamo Simone e Ruggero. Da un lato abbiamo il buon senso, la bontà, la timidezza, l'innocenza, la verità. Simone è una sorta di profeta non ascoltato, un ragazzo d'animo buono e timido, pronto ad aiutare i più piccoli. È l'unico che comprende la verità sulla bestia, che potrebbe aiutare tutti, ma crolla di fronte alla follia della violenza, dei terribili rituali di sangue e caccia. Ruggero è l'emblema della violenza. La sua vera essenza si delinea sin da subito, quando distrugge i castelli di sabbia dei bambini più piccini, scaglia pietre, e pian piano peggiora. Braccio destro di Jack, si lascia totalmente travolgere dalla crudeltà, soprattutto contro i più indifesi.

Da menzionare è anche Piggy, un ragazzino grasso, che viene sin da subito bullizzato da tutti. Non ascoltato, messo da parte, preso in giro per il suo aspetto e i suoi occhiali, è in verità emanazione della saggezza, la mente del gruppo, l'uomo che è rimasto ancora civilizzato e che non dimentica il passato, che sovente rispolvera, accecato da una sorta di nostalgia. Piggy, maialino. Quando ho pensato a questo soprannome e ho poi letto della caccia ai maiali, ho compreso che forse poteva esserci un nesso con gli eventi successivi. Non posso dirvi di più, ma... è un personaggio davvero importante.

Come dicevo, lo ritengo un libro molto attuale. Forse la visione di William Golding è molto pessimista nei confronti dell'animo umano, ma francamente mi ha fatto molto riflettere. L'uomo, in fondo, è veramente capace di fare del male, perché come il bene è insito in noi. Sta però alla nostra coscienza scegliere la strada più opportuna. Siamo sinceri. Non dobbiamo tornare per forza indietro per pensare alla violenza compiuta dall'uomo. Anche oggi basta guardare un telegiornale o accedere a un sito web o social per leggere notizie terribili, che fanno male. Quindi, non mi sento molto distante dal pensiero dell'autore. Tante volte mi sono ritrovata a chiedermi come si possa essere così crudeli, avere il cuore duro come la pietra, essere insensibili di fronte alle tragedie. Penso ai corpi in mare, agli animali torturati, a uomini, donne e bambini uccisi senza pietà. Penso a chi non solo si volta dall'altra parte, ma vede il male negli ultimi, negli indifesi, e mai nel proprio animo. Vedo persone al potere infierire in ogni modo contro gli altri, alimentare paure e odio. Il male è insito in ognuno di noi, e purtroppo molti decidono di lasciarlo scorrere libero, allontanando il buon senso, la ragione.

Erano innumerevoli, nere e d'un verde iridescente; e di fronte a Simone il Signore delle Mosche ghignava, infilzato sul bastone. Alla fine Simone cedette e riaprì gli occhi: vide i denti bianchi, gli occhi velati, il sangue... e restò affascinato, riconoscendo qualcosa di antico, di inevitabile.

   

Certo, quello che turba di più è che i protagonisti sono dei bambini di non più di tredici anni, e ciò che commettono è terribile, atroce. Se pensiamo che i bambini sono sempre stati visti come esseri innocenti, turba ancor di più la loro reazione. No?

Per me, è un libro da leggere e che consiglio. È una di quelle letture che però richiede calma e concentrazione, per comprenderne i messaggi, per riflettere bene sui temi. A tratti l'ho trovato un po' lento e ripetitivo, e forse mi aspettavo qualcosina di più, ma dopo giorni e riflessioni in tutta sincerità lo ritengo un libro davvero meritevole, che apre a molte riflessioni sulla natura umana.

Un libro che turba, ma che sicuramente resta impresso. Ho letto che nasce a seguito di un esperimento fatto con la sua classe elementare. Golding divise i bambini in due gruppi, e diede loro il compito di discutere su un tema. Quando li lasciava da soli, la discussione degenerava in una vera e propria rissa. Da un esperimento nacque un libro spietato, cinico, sulla natura umana; sulla lotta continua tra ragione e istinto, tra il desiderio di mantenere il fuoco acceso, e quello di andare a caccia, rifiutando ogni regola della società, lasciandosi andare dai propri istinti, piaceri, dal richiamo primordiale del sangue.

  Ma la Bestia è davvero presente sull'isola o forse dimora nella nostra anima?  

...Ralph piangeva per la fine dell'innocenza, la durezza del cuore umano, e la caduta nel vuoto del vero amico...

       
dav Il signore delle mosche, William Golding Casa Editrice: Aldo Martello Editore Traduzione di: Filippo Donini Pagine: 274 Prezzo: / Anno di Pubblicazione: PRIMA EDIZIONE, 1958 Voto: ♥♥♥♥.5
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