Amo molto il glicine o le piante rampicanti più in generale. I muri che ne sono adornati hanno un non so che di elegante, o magari possono evocare una sensazione di mistero o meraviglia. Anche se, a lungo andare, quelle piante così belle possono causare anche eventuali danni. A volte, poi, se usate nella letteratura possono nascondere inquietanti segreti, storie tragiche o, magari, essere come una sorta di metafora dei vincoli che ghermiscono le varie protagoniste di queste storie e, più in generale, numerose donne.
Come accade nei bellissimi racconti di Charlotte Perkins Gilman che ABEditore ha raccolto in un'edizione meravigliosa che, come sempre, incanta in ogni singolo aspetto: dalla copertina, alle grafiche interne, fino all'attenzione e alla cura dedicate alla prefazione e alle singole storie e poesie presenti a cura di Valentina Colafati. Solitamente, quando leggo le raccolte di racconti, finisce sempre che qualcuno possa non piacermi, ma in questo caso devo ammettere che ho trovato davvero un gioiellino letterario che vi consiglio assolutamente di recuperare sia se amate la letteratura gotica, sia se per voi sono importanti le tematiche femministe: Il glicine rampicante e altri racconti gotico-femministi.
Tra novembre e dicembre ho letto un libro che ho profondamente amato. Purtroppo dovendo correre nelle Marche per un motivo triste quanto importante, non sono riuscita a scrivere nulla. La copia che avevo letto è tornata in biblioteca e io ho atteso di ritrovarne una prima di spendere qualche parola a riguardo. La storia della piccola Francie e della sua famiglia mi è entrata così dentro, che ho desiderato con forza avere il libro con me. E qualche settimana fa sono riuscita a trovarne una al mercatino ed è subito tornata a casa con me. Quindi ci siamo, oggi posso finalmente farvi conoscere un titolo che riuscirà a emozionarvi e sicuramente a occupare uno spazio importante nel vostro cuore. Il libro s'intitola Un albero cresce a Brooklyn, scritto da Betty Smith.
Che forza Judy!
È questa la prima cosa che ho esclamato quando ho voltato l'ultima pagina del romanzo. Non so perché io abbia aspettato così tanto tempo prima di leggerlo, ma sono sempre più convinta che i libri ti chiamino al momento giusto. Onestamente sono felice di aver atteso, in modo tale da aver potuto leggere subito dopo anche la versione teatrale. A mio parere per apprezzare in maniera completa l'opera più famosa di Jean Webster bisogna proprio seguire questa linea: leggete il romanzo e proseguite subito con la commedia in quattro atti, e poi, si può aggiungere il suo sequel Caro Nemico, che spero di recuperare presto.
Oggi, quindi, vi parlo di un personaggio che molti di noi avranno sicuramente conosciuto per l'anime giapponese: ha gambe lunghe lunghe, e di lui riusciamo a scorgere solo un'ombra... chi è? Papà Gambalunga!
Se il romanzo lo avevo acquistato anni fa, ci tengo a ringraziare Miriam Chiaromonte - traduttrice e curatrice delle opere di Jean Webster per Caravaggio Editore - per avermi donato la versione teatrale e anche un articolo/intervista sull'autrice e il suo attivismo in materia sociale, soprattutto riguardo alla triste condizione degli orfanotrofi americani all'inizio del Novecento. Un modo per conoscere ancora di più una donna davvero interessante, non solo per la sua penna, che, comunque mi ha totalmente conquistata!
Ci sono libri che letti con superficialità rischiano di essere visti come banali, alquanto noiosi. Perché i lettori tendono a preferire l'azione, le forti emozioni, i grandi cambiamenti e colpi di scena. Eppure, spesso, proprio quelle storie all'apparenza molto semplici, ordinarie, possono racchiudere i messaggi più potenti. Sono letture che continuano a parlare anche dopo giorni, che vorresti rileggere più volte, per delineare meglio quelle sfumature che forse, in un primo momento, non hai colto. Storie di vita in cui possiamo ritrovarci, per pensieri, situazioni, o anche azioni. E credo che Stoner di John Williams sia proprio una di queste.
Alla fine Marta tornò a Holt. Quando ho saputo dell'uscita di quest'ultimo - purtroppo - libro di Kent Haruf non vedevo l'ora di tornare in una delle mie case letterarie preferite. Certo, a Holt la comunità è piccola, è intrisa di luci ma anche di molte ombre. Sai perfettamente che una volta tornata in quella pianura americana ti ritroverai a scoprire vite normali, persone alle quali finisci per affezionarti, altre per le quali non riesci a non provare sentimenti negativi, ma una cosa è ancor più certa: vivrai emozioni molto forti, siano esse belle o brutte. Ed è questo quello che cer
Com'è possibile vivere senza le cose che sono la nostra vita? Spogli del nostro passato non ci riconosciamo. Furore (The Grapes of Wrath) è il romanzo più famoso di John Steinbeck, premiato nel 1940 con il Premio Pulitzer. Scritto in cinque mesi, prese forma dal riadattamento di una serie di articoli pubblicati nel 1936 per il quotidiano San Francisco News. Un reportage sulle condizioni dei contadini dell'Oklahoma - e altri stati vicini - che furono costretti a lasciare le loro case e le loro terre a seguito della catastrofe causata dal Dust Bowl, e dalla seguente espropriazione d