L'inferno è una buona memoria, di Michela Murgia - Recensione

14 Jul 2020

Libri

 

Un giorno di diversi anni fa, mi ha chiamato con forza un libro. Parlava di druidi e sacerdotesse, di Artù e dei suoi cavalieri, ma soprattutto di Morgana e di altre donne. Mi sono persa tra le nebbie, sono giunta ad Avalon. Ho amato e sofferto con loro. Mi sono arrabbiata e ho gioito. E, arrivata all'ultima pagina, ho chiuso il libro con un sospiro e una nuova consapevolezza. Quel libro era Le nebbie di Avalon, di Marion Zimmer Bradley.  Una lettura magica che mi ha dato tantissimo. Da quel momento ho cercato tutta la saga. Ho collezionato tutti i libri, perdendomi e ritrovandomi. Li ho riletti tutti una seconda volta, compiendo un viaggio da Atlantide alla Corte di Re Artù, ed è stato un percorso meraviglioso che mai potrò dimenticare. Ogni volta che prendo questo libro tra le mani, affiorano i ricordi, tornano le voci di tante donne che hanno amato, lottato, fatto sentire la propria voce in un mondo in cui gli uomini vogliono comandare, ma in cui le donne in verità muovono le redini del gioco, o comunque non saranno mai dimenticate. Per me resterà sempre una delle saghe fantasy più belle mai lette.

Poi durante il lockdown ho visto tra le varie promozioni un titolo che mi ha subito attirato: L'inferno è una buona memoria, di Michela Murgia, e voltando la copertina ho letto quel prezioso titolo che ho nel cuore, Le nebbie di Avalon. Non ho resistito. L'ho preso e qualche giorno fa l'ho divorato.

L'inferno è il risultato del paradiso, Ginevra; è quando hai avuto tutto e hai amato tutto quello che hai avuto e hai perduto tutto quello che hai amato che vedi in faccia il posto dove nessuna anima vuole andare. Non è un luogo l'inferno, Ginevra: è una buona memoria.

 

davNon ho mai letto nulla di Michela Murgia, pur seguendola qualche volta sui social o in programmi. Apprezzo moltissimo il suo modo di esporre i pensieri, di far aprire gli occhi, soprattutto su argomenti che riguardano le donne. È la prima volta che leggo un libro scritto da lei. Ma il suo stile mi ha conquistata.

Questo libro di poco più di cento pagine fa parte della collana PassaParola di Marsilio editore: alcuni scrittori attuali sono stati chiamati a parlare di un libro che ha in qualche modo cambiato la loro vita, la loro visione del mondo ma anche soprattutto di se stessi. Una lettura illuminante che merita di essere condivisa. Ecco, Michela Murgia ci parla proprio del titolo forse più famoso di Marion Zimmer Bradley.

Leggere questa sorta di breve saggio mi ha permesso di tornare in una delle mie case letterarie preferite, oltrepassare di nuovo le nebbie per accedere ad Avalon, quel luogo magico dove druidi e sacerdotesse credono ancora nella Dea. Ma anche di entrare alla corte di Re Artù, con i suoi cavalieri, gli intrighi, gli amori e i tradimenti, in quel meraviglioso mondo medioevale in cui amo perdermi. Ma non è solo questo. Tramite la lettura e l'analisi del romanzo, l'autrice riflette su se stessa, sui pensieri scaturiti da queste pagine, sull'impronta che questo libro ha lasciato non solo sulla sua vita, ma anche sulla sua scrittura, sulle sue opinioni politiche e religiose, e sulla sua visione femminista.

Dopo aver presentato il libro e dato voce alla protagonista che resta più impressa - la mia amata Morgana - l'autrice esprime le sue riflessioni sul romanzo, cercando di trarne spiegazioni, insegnamenti, significati, e creando dei collegamenti molto interessanti non solo con altri personaggi della letteratura, come le donne di Tolkien o quelle della Atwood, ma anche associando le varie figure delle sacerdotesse e regine ad alcune donne della Bibbia. Morgana viene così collegata alla profetessa Miriam, per il loro reciproco ruolo di guida per i fratelli, e il loro potere; Viviana, la più potente delle Sacerdotesse ed emanazione della Dea, alla Strega di Endor; Igraine è la perfetta rappresentazione di Maria, entrambe madri-annunciate che donano al mondo un figlio speciale.

Accanto a loro però ci sono anche Morgause, la sorella oscura, egoista, ambiziosa, a tratti crudele, rappresentazione comunque di una diversa forma di femminilità; e Ginevra, vittima del sistema patriarcale, che usa il suo potere di Regina per attaccare altre donne; perché non è necessario essere maschi per essere maschilisti. Ginevra che non basta a se stessa, ma è o di Artù o di Lancillotto, al contrario della sua nemesi, Morgana, che invece è una negazione totale di questa dipendenza simbolica. Perché Morgana basta a se stessa, non ha bisogno di un uomo per essere definita.

Le nebbie di Avalon dimostra che non solo la Storia ma anche le storie sono scritte dai vincitori. Senza quel ribaltamento io non avrei mai capito che gli sconfitti dell'epica di ogni tempo non sono gli eserciti nemici, di cui comunque, come nell'Iliade, persino i vincitori finiranno per cantare le gesta: sono le donne, private di ogni narrazione.

 

Ne Le nebbie di Avalon, infatti, Marion Zimmer Bradley riprende il Ciclo Arturiano ma ne ribalta la visione. Protagoniste e voci narranti, emanazione del potere, sono le donne, che tessono le trame, muovono anche le azioni degli uomini che divengono una sorta di pedine guidate da un potere più grande. E forte è il conflitto tra druidi e cristiani, tra il potere della Dea e quello dell'Unico Dio, che non ammette altre divinità, altri credi. Eppure, da quel che ricordo, l'immagine finale di Morgana dinnanzi alla statua della Vergine Maria resterà sempre impressa nei miei ricordi. Quel potere della Dea non è mai veramente svanito.

Qui le donne, a differenza di molta letteratura, non sono quindi più solo personagge - come le definisce la Murgia - i cui unici interessi sono l'amore e il matrimonio, ma capiscono di avere un potere, e che non hanno bisogno che un uomo s'innamori di loro. Possono fare l'azione, la storia, non essere più figure di contorno rispetto agli uomini.  E, in effetti, è uno degli aspetti che più ho apprezzato di questo ciclo letterario.

Quella che doveva essere una semplice lettura nel suo viaggio da Olbia a Civitavecchia, o un motivo di ispirazione per i giochi online a cui partecipava all'epoca (questa parte ha aperto una diga dei miei ricordi. Anche io giocavo di ruolo online, e da lì ho amato ancor di più scrivere...), diventa molto di più: un moto dell'anima, un nuovo respiro, una nuova consapevolezza di sé e del mondo; un principio attraverso il quale parlare di femminismo, o meglio di vari tipi di femminismi. Per guardare in maniera diversa opere - come Le tre età di una donna di Klimt -, o riflettere sul romanzo di Ishiguro, Il gigante sepolto.

Ho trovato questo memoir davvero interessante, e vi consiglio di leggerlo.  Poi, magari, se non lo avete fatto, andate subito a recuperare anche il Ciclo di Avalon - se non volete leggerlo tutto, almeno donate alla vostra anima la bellezza de Le Nebbie di Avalon, ma anche le Querce di Albion (o la Casa nella Foresta), o ancora La Signora di Avalon. Tutti intrecciati, tutti molto belli! (Un giorno comunque ve ne parlo meglio!) -.

Se non vi fidate di me, almeno seguite il consiglio di Michela Murgia. Recuperate entrambi questi libri.

La ribelle e indipendente - e per me bellissima - Morgana; la potente, autorevole, saggia ma a volte spietata Viviana; Igraine, madre e strumento del volere della Dea, donna-contenitore che infine si ribella con rabbia nel sentirsi usata; l'oscura e ambiziosa Morgause; e la docile e dipendente Ginevra, sapranno regalarvi tanto, facendovi riflettere.

Insomma, L'inferno è una buona memoria è un libro che mi ha colpito positivamente e che consiglio davvero a tutti. Si legge in breve tempo, si divora, e regala diversi spunti di riflessione, oltre alla voglia di recuperare - o rileggere! - il meraviglioso libro di Marion Zimmer Bradley.

 
3172990 L'inferno è una buona memoria, di Michela Murgia Casa editrice: Marsilio - collana, PassaParola Pagine: 116 Prezzo: 12 euro cartaceo, 7.99 ebook Anno di pubblicazione: 2018 Voto: ♥♥♥♥.5
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