Il suo occhio fu magnetizzato da un grande albero solitario, con la cupola riversa e come impressa in quella fascia argentata che rapidamente si ossidava. «Se è vero, la solitudine di quell'albero sarà uno scherzo in confronto alla mia.» Poi, con infallibile istinto, si orientò a nord-ovest, in direzione di Torino, e disse audibilmente: «Guardami, Fulvia, e vedi come sto male. Fammi sapere che non è vero. Ho tanto bisogno che non sia vero.»
Oggi torno a parlarvi del secondo libro che ho letto grazie anche a delle lezioni sul '900 a cui ho partecipato, tenute da Giorgio van Straten presso il Circolo dei Lettori. Dopo Rigoni Stern, ho letto anche il breve romanzo di Beppe Fenoglio contenuto - nella prima edizione - nel libro “Un giorno di fuoco”. Qui potete trovare anche diversi racconti tutti a tema Resistenza, che però ancora non ho avuto modo di leggere (li recupero appena possibile!).
A differenza delle lezioni su Rigoni Stern e Primo Levi, dove avevamo libri memorialistici, ossia con descrizioni di vita vera, esperienze terribili davvero accadute agli autori, qui ci troviamo più sul genere romanzo - anche se Beppe Fenoglio ha partecipato alla Resistenza come partigiano badogliano. Quindi in un certo senso trasmette ugualmente l'esperienza, ma in modo non diretto.
Secondo molti, Una Questione Privata è un romanzo della Resistenza, in modo particolare emblematica è la prefazione di Italo Calvino al suo libro Il sentiero dei nidi di ragno in cui lo identifica come IL romanzo sulla Resistenza. Per Calvino è Fenoglio ad aver realizzato...
Inoltre lo paragona a un moderno Orlando Furioso:... il romanzo che tutti avevamo sognato quando nessuno più se lo aspettava.
«Una questione privata [...] è costruito con la geometrica tensione d'un romanzo di follia amorosa e cavallereschi inseguimenti come l'Orlando furioso, e nello stesso tempo c'è la Resistenza proprio com'era, di dentro e di fuori, vera come mai era stata scritta, serbata per tanti anni limpidamente dalla memoria fedele, e con tutti i valori morali, tanto più forti quanto più impliciti, e la commozione e la furia. [...]»
Una questione privata è uscito nel 1963 pochi mesi dopo la morte dell'autore, e ha come protagonista Milton, un partigiano badogliano che è alle prese con una sua questione privata da risolvere. Siamo nelle Langhe, vicino Alba, e Milton si ferma davanti a una casa dove ha trascorso molti bei momenti in compagnia di Fulvia, la donna che ama, e di Giorgio un loro amico. Qui in preda ai ricordi, incontra la custode della villa in cui Fulvia ha trascorso qualche tempo prima dell'inizio della guerra partigiana vera e propria, dopo l'armistizio del '43. La custode tra un ricordo e l'altro insinua in lui il sospetto di una possibile relazione tra Giorgio e Fulvia, e questo scatenerà tutto quello che leggeremo nelle pagine seguenti. Milton, infatti, vuole incontrare l'amico per capire quale sia la verità, e questa sua domanda, questa sua ossessione, darà l'avvio a un vero e proprio inseguimento, a una scia che si conclude in un finale che però resta sospeso, e che ha turbato molti - me compresa -. Milton scopre ben presto che Giorgio è stato preso dai Fascisti e rischia la fucilazione. E sarà proprio questa sua volontà di salvarlo e dar risposta alle sue domande a scatenare una serie di azioni che porteranno anche a delle ripercussioni su degli innocenti. Ma ecco, in tutto ciò, dove sta la Resistenza? Perché detta così può sembrare una sorta d'amore folle all'interno di un contesto non facile, no? Milton un moderno Orlando innamorato di Angelica che però ha numerosi spasimanti, come Fulvia del resto non sembra essere sua.
In verità la resistenza traspare ovunque in queste poche pagine. Da un semplice fatto personale - una questione privata, appunto - e tramite lo sguardo di Milton (ad eccezione di un capitolo, il penultimo, di cui poi parlerò brevemente), assistiamo a diversi racconti, percezioni, elementi, che ci portano a conoscere come la Resistenza sia vissuta non soltanto dai partigiani stessi, ma anche dalle persone che vivono intorno, dai civili. E pur sapendo benissimo quale parte sia il “bene”, ossia coloro che lottano contro il Fascismo e il Nazismo, Fenoglio racconta anche delle azioni dei partigiani, che per forza di cose non risultano essere così belle. Anzi, in molti casi sono terribili, turbano profondamente. Ma è la guerra, bisogna resistere al nemico, combattere per riuscire a tornare a vivere. Sono azioni anche brutali, che spesso si ripercuotono anche nei confronti di persone innocenti: a un'azione segue una reazione, spesso terribile. E così anche i partigiani uccidono, o danno lezioni particolari (come alla maestra che esaltava il fascismo, un'immagine non bella, che scombussola un po' dentro).
Questa guerra non la si può fare che così. E poi non siamo noi che comandiamo a lei, ma è lei che comanda a noi.
C'è quindi la Resistenza nei racconti dei partigiani che Milton incontra, nelle azioni che compie per poter salvare Giorgio, nelle parole dei civili ormai stanchi di un conflitto che non sembra finire mai. C'è la Resistenza, o meglio, gli effetti che hanno le azioni dei Partigiani, soprattutto nel penultimo capitolo, quello che mi è rimasto più impresso, l'unico che sposta l'attenzione dallo sguardo di Milton, che si allontana dal protagonista, quasi a far vedere l'effetto di ciò che ha commesso. Un capitolo straziante, che ti fa ancor di più comprendere lo schifo che è la guerra, dove sono spesso le persone innocenti a dover subire il peggio. Insomma sì, sono d'accordo anche io nel sostenere che sia un perfetto esempio di Romanzo sulla Resistenza.
È solo di un termine che ha bisogno la povera gente. Da stasera voglio convincermi che a partire da maggio i nostri uomini potranno andare alle fiere e ai mercati come una volta, senza morire per la strada. La gioventù potrà ballare all'aperto, le donne giovani resteranno incinte volentieri, e noi vecchie potremo uscire sulla nostra aia senza la paura di trovarci un forestiero armato. E a maggio, le sere belle, potremo uscire fuori e per tutto divertimento guardarci e goderci l'illuminazione dei paesi.
Dalle sue descrizioni, poi, emerge anche il fatto che quella dei partigiani sia stata una guerra di giovani: fa sorridere con amarezza quando uno dei partigiani è considerato vecchio all'età di 30 anni. Perché sì, a combattere contro il Fascismo e il Nazismo sono soprattutto giovani, spesso anche ragazzi non maggiorenni, e questo secondo me è uno dei punti più toccanti, che desta commozione. Giovani che rinunciano alle loro vite tranquille, per qualcosa di duro, tragico, ma importante. Far cessare un conflitto che dura troppo a lungo, combattere per la libertà di un popolo, di un'Italia ormai ferita, logorata.
È anche un libro - come dice ancora Calvino - di Paesaggi, di figure rapide e tutte vive, di parole precise e vere. In questa lezione, Giorgio van Straten ci ha fatto riflettere sull'uso ripetuto di certi sostantivi. Ad esempio nel capitolo 4, la parola Nebbia è ripetuta 20 volte; nel 7 la parola Fango è ripetuta 10 volte; nel capitolo 3 Pioggia è usato 7 volte. Fenoglio non fa uso di sinonimi per questi elementi, perché il mondo intorno è quello. È esattamente quello e basta. Ci sono le Langhe, i paesaggi che Fenoglio conosce, perché sono casa. Una natura, quindi, conosciuta ma anche imperturbabile: resta sempre quella, immota, quasi distante da un mondo tanto feroce.
Fenoglio ti tira dentro la storia, ti trascina insieme a Milton, ed ecco che lo segui, arrancando in mezzo alla nebbia spessa, nel fango che sembra quasi bloccarti. Vai con lui alla ricerca di Giorgio, e poi di un modo per salvarlo. Il libro ti rapisce davvero, e l'ho trovato molto bello. Però il finale purtroppo mi ha lasciata perplessa. È uno di quei finali aperti in cui non saprai mai la verità di quanto è accaduto. Non ti vengono più fornite quelle risposte che cercavi. Resti come sospesa nel dubbio. Da un lato speri, dall'altro tremi. E, non so, non sono riuscita a gradirlo totalmente. Ci sono un po' rimasta male. Resti lì, a domandarti un “e quindi? Mi lasci così?”.
E anche se tutti noi possiamo dare la nostra interpretazione, la risposta resterà sempre sulle labbra di un autore che non potrà mai più rispondere.A lezioni in diversi hanno sostenuto che era giusto così, ma... ecco, per me è stata l'unica nota un po' stonata di un libro che comunque merita di essere letto.
Un curiosità che ci è stata mostrata a lezione: il finale è molto molto simile a un frammento di un altro libro di Fenoglio: Il Partigiano Johnny. Ma in quest'ultimo caso, poi qualcosa accade, e quindi non resti sospeso nel nulla. Chissà quale sarà stata l'idea di Fenoglio. Forse resteremo sempre con questo dubbio.
È un libro che consiglio. Molto umano, molto bello. La resistenza diventa quasi una metafora della esistenza dell'uomo in generale, delle azioni che sei costretto a compiere nella vita di fronte a situazioni che devi affrontare per forza di cose. C'è l'amore e altri sentimenti - come la gelosia, il dolore - di un giovane che all'improvviso non pensa ad altro se non a trovare risposta a quella sua questione privata, personale, intima; ma c'è anche la guerra, la Resistenza, vista sia dai giovani combattenti sia dai civili. Due piani che alla fine s'intersecano, in modo anche triste, drammatico.
Un libro da leggere.Un giorno di fuoco (all'interno racconti e il breve romanzo Una Questione Privata), di Beppe Fenoglio Casa Editrice: Garzanti Edizione: Prima edizione 1963 Pagine: 297 totali (solo romanzo: 122) Prezzo: / Voto: ♥♥♥♥.5