Tu l'hai detto, di Connie Palmen (& Lettere di compleanno di Ted Hughes)- Recensione

23 Sep 2019

Libri

 

Io l'amavo, non ho mai smesso di amarla. Se il suicidio era la trappola con cui voleva catturarmi per fagocitarmi, inglobarmi in sé, e fare di noi un solo corpo, ci è riuscita. Uno sposo ostaggio della morte, legato in eterno alla sua sposa in un matrimonio postumo, inseparabile come voleva che io fossi per lei. Il suo nome è il mio nome. La sua morte è la mia morte.

         

Sylvia Plath e Ted Hughes.

Due nomi importanti. Una coppia di scrittori/poeti di cui si è molto parlato e di cui si continua a narrare. Se penso a loro, mi sovviene alla mente una frase di Shakespeare: “Le gioie violente hanno violenta fine, e muoiono nel loro trionfo, come il fuoco e la polvere da sparo, che si distruggono al primo bacio.” Ted e Sylvia si conoscono a una festa. Il loro primo incontro è uno scontro violento. Sylvia lascia un morso sulla guancia di Ted, e lui le strappa via la fascia rossa e gli orecchini d'argento. Da lì, inizia una storia d'amore di quelle maledette dal destino o forse dalle loro stesse azioni? Un amore passionale, violento quasi, direi anche ossessivo, dipendente. Di quelli che fanno anche un po' male.

   

Chi inizia così un amore sa che vi si cela un cuore di violenza e distruzione. Finché non sopraggiunge la morte. Uno di noi era spacciato fin dall'inizio. Era o lei o io. Nella furia divoratrice chiamata amore, avevo trovato la mia pari. [...] Il suo nome è il mio nome. La sua morte è la mia morte

   

Sylvia e Ted bruciano subito le tappe: si sposano ben presto, di nascosto da tutti, o quasi (sarà presente solo la madre di Sylvia, Aurelia). Vivono di poesia, si incoraggiano, si spronano, si criticano, si danno suggerimenti. Sylvia batte e ribatte a macchina le poesie di Ted, le invia anche in America certa del suo talento. Ted deve combattere anche con i fantasmi della donna, perché Sylvia è tormentata da una presenza fissa, quella di suo padre morto troppo presto, lasciandole una voragine nel petto, quella di sua madre, presenza a volte troppo ingombrante nella sua vita, nella sua formazione. Sylvia ha anche i suoi scheletri nell'armadio, che sono sempre presenti anche sul suo corpo, in quella cicatrice sulla tempia che ricorda il suo primo tentativo di morte, l'elettroshock, uno dei momenti più difficili della sua vita. La Morte, un tormento costante. Una lotta interiore con se stessa che l'affliggerà per tutta la vita. Un matrimonio, due figli, lettere e poesie rifiutate, successo di lui. Una vita orientata alla poesia. Sylvia stessa è poesia. E poi una Lilith che si insinua nella loro vita. Un tradimento. L'allontanamento. La caduta verso un baratro profondo, che se da un lato porta Sylvia a scrivere le sue poesie più belle, a buttar fuori tutto il suo estro creativo, a trovare finalmente la sua vera voce, dall'altra la conduce alla morte. L'11 Febbraio 1963, dopo aver lasciato la colazione sui comodini dei suoi bambini, e aver sigillato la porta della loro stanza, Sylvia lascia un biglietto - come un'estrema richiesta di aiuto -, mette la testa nel forno a gas, e pone fine alla sua vita, a soli 30 anni.

 

In lei c'era una sorta di fanatismo religioso, l'aspirazione a una forma superiore di purezza, la sacra e violenta vocazione a immolare la vecchia e falsa se stessa, a ucciderla per poter rinascere, pura, libera e soprattutto vera.

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Ed è da lì che inizia per Ted un periodo difficile. Tutti iniziano a condannare lui, perché se ci fosse stato, forse non sarebbe successo. Perché se non l'avesse tradita, forse Sylvia avrebbe continuato a vivere. Il traditore, il marito violento, l'uomo che ha condannato Sylvia alla morte. Ted resta in silenzio per alcuni anni. Non scrive più. Si occupa dei suoi figli. Poi, dopo 35 anni di silenzio, propone al pubblico le Lettere di Compleanno: 88 Lettere tutte dedicate a Sylvia. Ecco che dà vita ai ricordi, al suo dolore, alla loro vita insieme, alle difficoltà, alla loro scrittura. Una sorta di omaggio alla donna che forse non ha mai davvero dimenticato, o forse anche un modo per espiare quel senso di colpa provato. È giusto condannarlo? Chi è davvero vittima e chi carnefice? In realtà, non è questo che si vuole trovare. Bensì donare un altro punto di vista. Da queste lettere - che ho voluto leggere prima di scrivere di questo libro - e da altro materiale, Connie Palmen ha deciso di dare veramente voce a Ted Hughes, per permettergli di esprimere anche il suo pensiero, la sua visione della storia. Pur non essendo Ted stesso a parlare, leggendo anche le sue lettere, si ha come la sensazione che invece sia davvero la sua voce. Ted parla, ripropone tutte le fasi della loro vita insieme, dall'incontro-scontro, al rapido matrimonio, dai problemi in famiglia, a un passato difficile da cancellare, dai tormenti della sua donna, a una vita dedicata alla poesia, ma anche ai loro viaggi non solo reali tra l'America, la Spagna, Parigi ecc, ma anche nel mondo dell'inconscio e della magia. È un racconto intimo, che commuove e fa riflettere.  Tra queste pagine compare Sylvia, quella donna piena di passione e determinata, ma allo stesso tempo una sorta di bimba vittima dei suoi demoni, degli incubi e delle sue paure, chiusa in una campana di vetro che le rende difficile il respiro. Una ragazza che chiede aiuto, ossessionata dalla sua sete di perfezione, da quella voglia di rispondere alle aspettative che hanno gli altri - soprattutto sua madre - e dalla paura di non essere mai abbastanza. Sylvia vede nella poesia una forma di espressione, e per la poesia deve morire. La morte viene vista da lei come una sorta di liberazione, ma anche rinascita. Ted e Sylvia si riconoscono, perché collegati da una sorta di condivisione di idee, di creazione. Vivono di poesia, si nutrono di essa, rispondono alla sua voce. Una poesia che però risulta violenta.

     

Dietro una facciata di incontenibile allegria si nascondeva una lepre timorosa con l'anima di vetro, una bambina piena di paure, incubi e amputazioni, reclusioni, elettroshock.

     

Tu l'hai detto di Connie Palmen, pubblicato in Italia dalla Casa Editrice Iperborea, è un meraviglioso e struggente viaggio emotivo in una di quelle storie d'amore forse un po' malate, maledette. La storia di Sylvia e Ted, di una lepre timorosa con l'anima di vetro, e di una volpe. Adoro la prosa dell'autrice, è così poetica, meravigliosa. Si avverte molto la sua ricerca. Prima di scrivere qui, ho - come già detto - voluto leggere "Lettere di compleanno" di Ted Hughes, e ho ritrovato molto della narrazione della Palmen. I tanti momenti e pensieri di Ted. Quindi, a mio parere, la Palmen ha fatto un ottimo lavoro. Hai la sensazione di avere Ted davanti a te, pronto a far sgorgare dalla sua anima tutto quello che per troppi anni ha tenuto celato, quel dolore che ha nascosto, mentre tutto il mondo si scagliava contro di lui. Accusandolo di essere stata la causa di tutto. Ma è veramente così? Sylvia avrebbe continuato a vivere anche se Ted non l'avesse tradita e abbandonata a se stessa?

 

 

“Morire e risorgere” aggiunse in tono sprezzante, “Questo sì che mi riesce bene, si può tranquillamente dire che sono più brava del Figlio di Dio”.

     

Sylvia può essere difficile da comprendere, forse. Una persona complicata con cui vivere. Anche se io la capisco, per molti suoi pensieri. Devo essere sincera nell'ammettere che anche a me Ted non piaccia molto. Tuttavia, leggere questo libro di una bellezza struggente, di una poesia unica, ma anche le Lettere di compleanno, mi ha permesso di riflettere un po' su di lui. Se è vero che noi non siamo nessuno per giudicare la vita di altre persone, è altrettanto vero che si possono comunque avere dei pensieri. Vivere accanto a una persona come Sylvia, non è facile. Chi combatte costantemente con i propri demoni, con la voglia di essere apprezzata dalle persone amate, di rispondere alle aspettative che hanno soprattutto i propri genitori - nel caso di Sylvia sua madre -, ha molta più difficoltà a vivere, ed è facile trovare nella morte una via di fuga. Per Sylvia la poesia è tutto. E trova in Ted la sua massima personificazione. Lui è il poeta. Lei crede molto nelle sue poesie e lo aiuta. Si aiutano reciprocamente. Sono uniti dalla poesia, ma alla fine anche separati. Quindi, dicevo, se da un lato comprendo la difficoltà nel riuscire a stare accanto a una persona così, dall'altro non capisco quando si dice di amare qualcuno e poi lo si tradisce. Ted cede, a uno sguardo, a quella Lilith che lo allontana da Sylvia. E questo è uno dei motivi per cui non riesco a vederlo bene. Mi spiace, ma io il tradimento non lo accetterò mai.

     

Vidi che la sognatrice in lei si era innamorata senza capirlo. In quell'istante il sognatore in me s'innamorò di lei, e lo capii. - da Lettere di Compleanno di Ted Hughes * in riferimento ad Assia Wevill -

   

E poi mi chiedo sempre: se non hai nulla da nascondere, perché hai cancellato gli ultimi diari della tua donna? Se hai deciso che fossero pubblicati gli altri, perché proprio i vostri momenti li hai distrutti? Ho letto che lo ha fatto per proteggere i figli, ma a me restano numerosi dubbi. Che poi se vogliamo dirla tutta, anche Assia Wevill, la sua Lilith, alla fine pone fine alla sua vita - e quella della loro bimba - imitando Sylvia in quell'atto orribile. Non è incolpare Ted, ovviamente, ma solo riflettere.

Sia chiaro, il mio non vuole essere un giudizio, quanto delle semplice domande, e il mio pensiero su di lui. Per il resto non credo che la morte di Sylvia sia colpa di Ted. Non credo che Sylvia non avrebbe tentato il suicidio se lui non l'avesse tradita. Lei ne parla spesso nei suoi diari, nelle sue poesie. La morte diventa quasi una rappresentazione teatrale. Sembra che lei debba immolarsi, per una sorta di spirito poetico. Vede la morte come una rinascita. Sì, forse se lui le fosse stato vicino, lei non si sarebbe ridotta a uno straccio. Forse lei avrebbe continuato a vivere altri anni, perché lui sarebbe forse riuscito a fermarla in tempo. Ma la lontananza dall'uomo amato, la collera provata, le ha permesso di dar finalmente voce alla sua anima, di creare i versi più belli, un romanzo stupendo. È difficile, davvero complicato parlarne. Non ci sono giudizi, e forse non c'è neanche risposta alla domanda Chi è il carnefice? E chi la vittima? Forse a loro modo sono stati entrambi vittime e carnefici. Forse, tanti forse, a cui purtroppo non possiamo trovare risposta, ma solo formulare semplici pensieri, sensazioni. Resta la bellezza dei versi. Una storia struggente di un amore violento che si è consumato troppo in fretta. Un amore forse un po' malsano, ma che in fondo forse ancora vive dopo la morte. E forse, da qualche parte, stanno ancora ballando insieme.

“Stai attento, perché quando sarò morta, tornerò a visitarti, come Cathy e come il vagabondo di Waltzing Mathilda” “E allora ballerò con te”.

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È un libro che consiglio. A chi ama Sylvia, a chi ha voglia di leggere anche la sua storia d'amore e vita con Ted, dal punto di vista con lui. A tal proposito, per approfondire, vi consiglio di leggere i Diari di lei, ma anche Lettere di Compleanno di lui. In modo particolare, quest'ultimo, è strettamente collegato all'opera della Palmen. Ve ne lascio solo una:

       

UN TAILLEUR DI FLANELLA AZZURRO. Avevo lasciato che crescesse. Pensavo che andasse tutto bene. La tua vita era un transatlantico su cui viaggiavo. Eri stata allestita da un'istruzione costosa. Finanziatori, comitati e specialisti scomparivano nel luccichio delle tue finiture. Tremavi della nuova vita di quei motori. Quella prima mattina della tua prima lezione al College, sedevi sorseggiando il caffè. Adesso so, ma allora non sapevo, quali occhi aspettavano in fondo alla classe per controllare la tua esibizione professionale con le loro aspettative. Quali stimatori aspettavano di vederti giustificare i costi e ripagarli del rischio. Quale fornace d'occhi aspettava di saggiare il tuo metallo. Osservavo la strana rigidezza di manichino, l'infelicità del tuo tailleur di flanella azzurro, la sua brutta e soffocante semi-approssimazione alla tua idea delle convenienze che speravi di indossare disinvolta e tutto il tuo orrore. E la tinta sottopelle abbronzata e quasi verde del tuo viso contratto fino al lucignolo, la cicatrice grumosa, la testa avvolta dalle trecce pateticamente piccina. Aspettavi, sapendoti impotente nelle pinzette della vita che ti giudicava, e io vedevo il nervo scorticato, l'insanabile ferita al viso che era tutto ciò che avevi come coraggio. Vedevo che ad attanagliarti, mentre bevevi il caffè, erano terrori che già una volta ti avevano uccisa. Ora, lo vedo, vedevo lì seduta la ragazza sola che sarebbe morta. Quel tailleur azzurro, folle uniforme di esecuzione, sopravvisse alla tua condanna. Ma allora restai lì immobile, incapace di spiegarmi quello che ti immobilizzava mentre ti guardavo, così come sono immobile, per sempre ora, per sempre curvo solo un istante davanti alla tua bara aperta.

   

Vi giuro. Ogni volta che tento di parlare di libri su Sylvia Plath, faccio una gran fatica. Se dovessi dar sfogo a tutto quello che provo, non riuscirei a smettere. Parole su parole. Un fiume in piena. Soprattutto di comprensione, ma anche di una strana paura. Perché, davvero, in molti pensieri, paure, e incubi di Sylvia io mi ci ritrovo. Mentre riesco a capire solo in parte Ted, mi spiace. Sarà che anche per mia esperienza, se ami qualcuno e sai che quel qualcuno non sta bene, anche se fa male, un male cane, tu da quella persona non ti allontani, non la ferisci. Ma qui, si va su pensieri molto più personali, che non tutti potranno comprendere. Quindi, taccio. Leggete di Sylvia e Ted. Leggete Tu l'hai detto. Merita.

     
20180307154611_tulhaidetto Tu l'hai detto, di Connie Palmen Casa Editrice: Iperborea Traduzione di: Claudia Cozzi, Claudia Di Palermo Pagine: 255 Prezzo: 17 euro cartaceo Voto: ♥♥♥♥♥             lettere_di_compleanno Lettere di compleanno, di Ted Hughes Casa Editrice: Mondadori Traduzione di: Anna Ravano - Introduzione di Nadia Fusini Pagine: 424 - Preso dalla biblioteca -
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