Il mio viaggio nella #dungeonofreaders continua! Giunta alla seconda tappa, in Via delle Miniere, ho deciso di leggere un titolo pubblicato da NNEditore che mi aveva fortemente attirato all'ultimo Salone del Libro di Torino: Lei che non tocca mai terra, di Andrea Donaera.
Una storia “malata”, di ossessione religiosa, e dolore, di odio e rabbia repressa, di Male e assurde credenze, ma anche di profondo e toccante amore. Un libro non facile, a mio avviso, e non per tutti, ma che a me è piaciuto davvero molto.
Non voglio che mi ami. Voglio che resti.
Miriam giace in coma, immobile nel suo letto, dopo un incidente.
Eppure, noi riusciamo a sentire i suoi pensieri, i suoi ricordi, la sua vita, le sue sensazioni. Mentre la luce vacilla, lei cerca di ricomporre i pezzi di sé, di ritrovarsi, di capire, di cercare un motivo per poter tornare. Almeno lei.
Attorno alla ragazza - di appena diciott'anni - varie persone cercano di parlare, in sessioni di talking cure, che sembrano essere l'unica terapia valida per riportarla alla vita. Cercano di tenere la mano di Miriam, attraverso l'uso della parola. Una settimana di riflessioni, confessioni, di pensieri, di ricordi, di vite spezzate, di follia, di odio e amore.
C'è Andrea, che ha conosciuto da poco la ragazza, di cui si è profondamente innamorato, ma dalla quale - prima dell'incidente - ha dovuto allontanarsi, soggiogato dalle parole di un uomo che l'ha preso sotto la sua 'protezione', infondendogli il pensiero che in Miriam ci sia il Demonio. Andrea, una persona buona, con alcune cicatrici nell'animo dovute a una tragedia in famiglia che ha scosso sua madre nell'anima e lui nella testa. Si sente una 'specie di cosa a pezzi', che in Miriam aveva trovato una colla calda che colava in mezzo a tutti i suoi spazi vuoti. Tra di loro s'instaura una sorta di dialogo sottile, le loro voci s'incontrano in un limbo oscuro. Possono sentirsi, possono parlarsi. Anime ferite e sole che vagano alla ricerca della luce.
Ci sono poi i genitori di Miriam: Mara e Lucio. Lei, la madre, con la quale ha avuto sempre un rapporto difficile, quasi di disprezzo. Ma in verità è una donna ferita, piena di sensi di colpa per un terribile passato, a causa di una perdita importante che ancora le fa male e l'ha spinta ai limiti della follia, e nel cuore una rabbia repressa che la logora, che la rende piena di risentimento, di odio, che sputa fuori attraverso un linguaggio duro, violento, fatto di bestemmie e parole di fuoco.
Lui, il padre, il sindaco del paese, più orientato ad ascoltare i concittadini che a pensare alla sua famiglia. Un uomo 'ignorante e potente', come lo definisce la moglie. Il loro rapporto ormai incrinato, spezzato, che si ripercuote anche sulla loro bambina. A lui, l'autore, permette di parlare con un linguaggio diverso, orientato soprattutto al dialetto.
E poi c'è Gabry, l'amica della sua infanzia, che è dovuta partire per Bologna, allontanandosi da lei, aumentando così quel senso dell'abbandono che è molto forte in Miriam. Un'altra anima fragile, che forse si è smarrita in una città troppo grande. Gabry che registra parole da far ascoltare a quell'amica verso la quale forse prova un sentimento molto più profondo.
Infine, c'è papa Nanni, il santone esorcista, con gli occhi neri più del nero. Lui è un po' il personaggio che funge da collante a tutti gli altri. Visto come un pazzo da alcuni, ma venerato da altri. Una figura che cerca di scacciare via il male dalle persone, con metodi alquanto strani e ossessivi. Papa Nanni che ha visto in Andrea il suo degno allievo e più fedele discepolo, a cui insegna a suonare il tamburello, e soggioga con le sue parole e il suo carisma. Fratello di Lucio, odiato da Mara. E che vede nella giovane Miriam il risveglio del Male, di un passato che credeva di aver seppellito. Papa Nanni che percuote il tamburello, un suono che sembra estendersi alle parole, alla pagina scritta, e accompagnare anche il lettore in questo viaggio terribile e intenso.
Il tutto è ambientato in una Gallipoli che è molto lontana dalla visione turistica, dalla bellezza perfetta delle cartoline. Una città fatta di ombre, superstizioni e fanatismo religioso, in cui il Male serpeggia in modi strani, a volte proprio in figure che credevi potessero essere d'aiuto. Un luogo dove i giovani si sentono intrappolati, dove tutti sono malati, rotti dentro. In cui sono vittime delle azioni degli adulti, di tragedie, di maledizioni che affiorano dal passato per abbattersi sul loro presente. Un angolo del meridione in cui il rapporto con la religione è abbastanza viscerale, in cui il buono viene assorbito dalla terra, dal Male.
Scappi da ogni versione di te stessa, da sempre.
È per questo che hai iniziato a mancarti così tanto.
E forse è per questo che ora questa nuova mancanza di te ti avvolge del tutto: sei niente, sei dissolta.
E non sai cosa fare.
Se non rovistare, con una luce tremante tra le mani.
Pezzo dopo pezzo, dare senso, trovare un - o il - perché.
Andrea Donaera (Andrea o Andrea?) riesce a rendere vividi tutti i personaggi, donando a ciascuno un proprio linguaggio, così da essere perfettamente riconoscibili: si va da una narrazione più “bassa” puramente dialettale o sgrammaticata, a una più lirica, molto simile alla poesia (genere da cui riprende molte citazioni, sparse nel testo).
A mio avviso non è una storia semplice, ma riesce a rapire il lettore, facendogli provare sensazioni molto forti. Si parla di violenza, di fanatismo religioso, di rabbia, di un passato che sembra voler essere celato, ma che si ripresenta in forme non così differenti, e che continua a far male, che non permette di vivere, di far splendere una luce in quel buio profondo e implacabile. Un passato che appare come una maledizione.
Morte e Vita, Male e Amore, Passato e Presente, Sacro e Profano.
È una storia oscura così come la copertina, quasi completamente nera, se non fosse per quelle mani più chiare, più delicate, come quei giovani innamorati, anime che cercano di uscire dall'ossessione, dalla morte, e dal male portato soprattutto dagli adulti. E un amore adolescenziale, forse un po' ossessivo, che cerca di farsi strada in un mondo di ombre.
È una storia che mi ha molto colpita, ma da leggere forse in momenti in cui ci si sente meno fragili, e soprattutto senza troppi pregiudizi (c'è anche l'uso di bestemmie e parolacce, ma è normale quando si cerca di far trasparire tutta l'umanità, il linguaggio reale, e non quello meramente narrativo. Rendendo così le varie figure quasi reali).
Una storia crudele, oscura, ma anche densa d'amore.
Adatta a chi è fortemente attratto da questo genere di trama, e ha una mente scevra da pregiudizi.
Il desiderio di non toccare mai più terra.
Il desiderio di essere tu, almeno tu, una che torna.