Le pietre della memoria. Gunter Demnig e le pietre d'inciampo, di Francesca Druetti e Benedetta Rinaldi

26 Jan 2022

Libri

Nell'agosto del 2018 sono arrivata a Torino con la voglia di esplorare quanto più possibile la città che di lì a pochi mesi mi avrebbe accolto, in cui sarei andata a vivere. Girovagavo felice, con la mia reflex tra le mani, in un centro quasi deserto. Il caldo non mi pesava troppo. Avevo voglia di scoprire, di scattare foto, mi sentivo felice (sembrano passati secoli...). Nel mio vagabondare però, a un certo punto il mio sguardo è caduto su delle strane pietre in alcune vie e strade, davanti a determinati edifici. Pietre quadrate, d'ottone, con delle scritte. Ho arrestato il passo, mi sono (in)chinata e ho letto. C'erano delle date, un nome ben visibile, più in grande rispetto al resto, e poi luoghi terribili. Auschwitz, per esempio. Spesso anche la scritta "Assassinato". Ed è così che ho conosciuto le Pietre d'Inciampo.

Oggi voglio proporvi un libro che ho trovato molto interessante. Una lettura che ci permette di capire come e dove nasce il progetto delle Pietre d'Inciampo, ma anche la loro storia. Ci invita anche a fare un percorso ben preciso, da un lato tra i vari Paesi, con la loro storia, la loro 'memoria', e come hanno accolto questo progetto; dall'altro un viaggio emotivo in alcune vite delle vittime del Nazifascismo.


Una persona viene dimenticata soltanto quando viene dimenticato il suo nome.

 

 

© una valigia ricca di sogni - marta.sognatrice

Le Pietre d'Inciampo sono dei blocchi di cemento di 10x10 centimetri, con una lastra in ottone sul lato superiore che, dopo la posa, coincide con il livello della superficie stradale. Sulla lastra, come dicevo, sono incise alcune informazioni essenziali relative alla persona a cui sono dedicate: nome, in grande, ben visibile; data di nascita, data di arresto, data e luogo di deportazione e, infine, data e luogo di morte. Le Stolpersteine sono un monumento diffuso e partecipato ideato e realizzato dall'artista berlinese Gunter Demnig a ricordo di tutte le singole vittime del Nazismo e del Fascismo. Ma perché d'inciampo?
No, non rischiano di farvi cadere rovinosamente a terra, bensì per “inciampo” s'intende qualcosa di più profondo: vedere quelle pietre spinge a fermarsi fisicamente, a inchinarsi a queste persone, e ad attivare così la memoria. Si inciampa con gli occhi, con il cuore. Ti invita a fermare il passo, a leggere quei nomi, a riflettere, magari a osservare in maniera diversa quegli edifici, a immaginare che lì, sì, proprio in quell'appartamento un tempo viveva una famiglia felice, spazzata poi via dal vento d'odio e terrore del Nazismo ma anche del Fascismo.


C'è un aspetto che è diventato molto importante per me. Quando incontri una Pietra d'Inciampo e ti fermi a leggerla, automaticamente ti inchini alla vittima.

 


Solitamente queste “pietre della memoria” sono posate in prossimità dell'ultima abitazione liberamente scelta dalle persone deportate, ma ci sono anche casi in cui si è deciso di situarle in altri luoghi: magari dove studiava, o dove si allenava, o dove insegnava. Prima della posa, infatti, c'è un grande lavoro di ricerca, che spesso coinvolge anche studenti, oltre che archivi, musei, o altri centri di ricerca e didattica, ma anche i cittadini stessi che possono avanzare una richiesta corredata da tutte le informazioni necessarie, cercando così di trasmettere quanto più possibile questo messaggio. Un modo per ricordare non solo attraverso la parola, ma anche nell'azione. Questo aspetto mi ha molto colpita: sono sempre stata dell'idea che sia importante coinvolgere i più giovani in progetti simili, per far sedimentare in loro qualcosa di più concreto. Partecipare, attivarsi, creare qualcosa può aiutare a non ridurre la memoria a una semplice lettura su un libro scolastico - che spesso non si fa, o lascia ben poco -. Non lo dico tanto per, ma perché io stessa, da bambina, ho partecipato a un bellissimo progetto sulla Resistenza, e forse è proprio alle elementari che è scattata in me quella scintilla che mi ha portata a leggere e guardare quanti più libri, documentari e film possibili. E non smetto di farlo.

Il punto centrale della pietra, e ciò che risalta subito all'occhio, è sicuramente il nome della vittima. Se nei campi di sterminio erano ridotti a un numero, a Stück, ossia 'pezzo' - così come venivano definiti dai Nazisti - tramite questa forma d'arte viene restituito loro un nome. Pensateci, quanto può essere forte il proprio nome? Non più un numero tra tanti, troppi, ma un nome e un cognome. Un modo ancora più forte per non dimenticare quella persona.
A volte, però, tra questi nomi ci sono anche alcuni sopravvissuti.

Ma come e quando nasce questa forma d'arte?
Gunter Demnig, artista Berlinese, nel 1990 decide di realizzare una sorta di arte di protesta: traccia una linea bianca di venti chilometri che attraversa la città di Colonia con la scritta Mai 1940 - 1000 Roma und Sinti, ripetuta incessantemente lungo le strade e i quartieri. La prima delle tracce lasciate dall'artista sulle strade europee per ricordare le vittime dello sterminio nazista. Nel 1993 sarà poi sostituita da ventitré placche in ottone che riproducono le stesse parole.
Nel 1992, sempre a Colonia, Demnig posa il suo primo progetto in forma di Pietra: un piccolo blocco di placca in ottone di 10x10 centimetri che porta inciso l'incipit del “Decreto Auschwitz”, con cui Heinrich Himmler, nel 1942, aveva disposto la deportazione di Sinti e Rom da tutto il territorio del Reich fino al campo di Auschwitz-Birkenau dove furono poi uccisi tutti.

Ma la sua opera più importante e diffusa sono sicuramente le Stolpersteine, le Pietre d'Inciampo, la cui prima posa avverrà a Berlino nel 1996. Inizialmente senza autorizzazione, senza stampa, senza saluti delle autorità.

Non solo un monumento al passato, ma anche un monito al futuro.

Sono pietre che Demnig non vuole assolutamente realizzare in una fabbrica, perché quella catena di montaggio ricorda troppo l'orrore perpetuato dai Nazi-fascisti, quella macchina di morte. Demnig le lavora a mano personalmente - in seguito venendo anche aiutato dallo scultore Michael Friedrichs-Friedländer -.


Non aprirò mai una grossa fabbrica dove le pietre vengono fatte alla catena di montaggio. Le camere a gas di Auschwitz e l'intero sterminio fu fatto in stile catena di montaggio. Io penso che ogni singola Pietra vada fatta a mano, così che ogni individuo possa ritornare.  

Ci sono altri due aspetti che vorrei sottolineare e che ho trovato davvero molto interessanti: innanzitutto le pietre non fanno distinzione tra le diverse tipologie di vittime della deportazione. Non troverete quindi solo targhe che ricordano ebrei, ma ogni minoranza colpita dall'odio e dall'orrore del Nazismo ma anche del Fascismo (ci sono pietre che ricordano anche la dittatura di Francisco Franco, con l'unica differenza nel colore, d'argento). Si ricordano, quindi, anche i Rom e i Sinti, i Testimoni di Geova, i prigionieri e oppositori politici, i partigiani, i disabili (vi rimando anche al libro Ausmerzen, per le vittime dell'Aktion T4), gli omosessuali, le lesbiche, i cosiddetti 'asociali'.

L'altro aspetto fondamentale è che quest'arte, nata come gesto di protesta, è diventata pian piano un modo non solo per ricordare queste vittime, ma anche spingere all'azione. Tutti possiamo partecipare concretamente alla realizzazione di nuove pietre. E interessanti sono anche tutte le iniziative scolastiche, didattiche e museali che possiamo trovare in molte città italiane ma anche europee per mandare avanti un progetto di tale importanza. Conoscere, informarsi, far riemergere dall'oblio del passato dei nomi ben precisi, delle storie, e condividerle. Posare le pietre, lasciare che la gente c'inciampi con la testa e con il cuore, spingerli all'azione.

In questo volume “Le pietre della memoria. Gunter Demnig e le pietre d'inciampo” - il cui formato riprende quello quadrato delle pietre stesse -, Francesca Druetti e Benedetta Rinaldi non si limitano a descrivere dove e come è nato il progetto e come si è evoluto con il tempo, ma sono presenti anche altre due sezioni importanti. Da un lato ci fanno fare un viaggio tra i luoghi, nelle diverse nazioni europee (e non solo), riportando la storia del passato ma anche mettendo in luce come ogni Paese si è confrontato con la memoria e questo progetto. Non tutti, infatti, hanno fatto i conti con il proprio passato (vedi anche l'Italia), in alcuni casi ci sono state ancora contestazioni su eventuali collaborazioni con il Nazismo, ma ci sono anche esempi positivi di governi che hanno ammesso le proprie responsabilità, chiedendo scusa, e diffondendo liberamente la posa di queste pietre.
Dall'altro lato c'è anche un viaggio più emotivo tra le storie di alcune di queste vittime. Anche qui ho trovato molto importante il cercare di non fare “privilegi”. Tutte le minoranze, tutti gli oppressi dal regime Nazi-fascista vengono citate. Racconti anche strazianti, che non possono lasciare indifferenti.

È un volume che ho trovato davvero utile per conoscere meglio questo progetto artistico, ma anche molto interessante. Permette di riflettere su quanto sia facile ridurre la Giornata della Memoria a una ripetizione statica di alcune frasi, quando invece è importante anche spingere quante più persone possibili a conoscere, ad agire.

Per quanto riguarda la città di Torino vi invito a informarvi sul sito del Museo Diffuso. Ci sono tutti i nomi delle persone a cui sono dedicate queste pietre, oltre alla possibilità di scoprire dove sono situate, o di proporre voi qualche altra storia, se avete informazioni.

Allo stesso tempo vi esorto a prestare più attenzione quando passeggiate per le vostre città. Magari troverete proprio quei “punti di luce” - come li ha definiti Liliana Segre - e vi fermerete a leggere, ricordare, e a guardare quei luoghi, ma anche il mondo e noi stessi in maniera diversa. In Italia si possono trovare, al momento, in queste città: Roma, Genova, Brescia, Venezia, Torino, Merano, Prato, Livorno, Reggio Emilia, Padova, Bolzano, Milano, Gorizia, Ancona, Parma, Copertino, Alessandria, Aqui Terme, Trieste, Napoli, Firenze, Udine, Palermo, e Bologna.


Una delle pietre d'inciampo posate a Torino. (foto mia)


Porto nel cuore ogni singola pietra che ho deposto, non c'è un orrore più grande di un altro.

IL LIBRO

Le pietre della memoria. Gunter Demnig e le pietre d'inciampo
Francesca Druetti, Benedetta Rinaldi
Casa editrice: People
Pagine: 297
Prezzo: 18.00€ / E-book: 9.99€
Anno di pubblicazione: 2020
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