La ferrovia sotterranea, di Colson Whitehead

31 Jan 2021

Libri

Lettura di gennaio per il GDL #ilrazzismonellaletteratura di fede_in_books_land e lisoladicalipso su Instagram.
E per #indiebooks di misstortellino sempre su IG.

Da quest'anno ho deciso di fare un percorso di lettura ben preciso: recuperare quelle storie o anche testimonianze vere che mi aiutino a conoscere e comprendere certe parti di storia di cui forse si sa poco, o comunque che vorrei approfondire con maggior cura. Ci sono state tante - troppe - pagine della storia macchiate di sangue e soprusi, di odio e crudeltà. Ecco. Io voglio leggere e apprendere. Voglio riempire i vuoti che posso avere, le storie di cui so veramente poco.

Uno dei tanti temi che voglio affrontare meglio è sicuramente quello del razzismo.
Su Instragram - mi trovate, come sempre come marta.sognatrice - ho trovato un progetto promosso da Federica (fede_in_books_land) e Laura (lisoladicalipso) volto alla scoperta di quei testi letterari che analizzano il Razzismo in varie epoche storiche, facendo un lungo e interessante percorso. Non so se riuscirò a partecipare a tutte le tappe - anzi, ho già perso la prima, che spero di recuperare in futuro - ma proverò a seguirne almeno alcune.

Lettura di Gennaio è stata La Ferrovia Sotterranea di Colson Whitehead, romanzo vincitore del Premio Pulitzer 2017 e del National Book Award, e pubblicato in Italia da Edizioni SUR.

La schiavitù era un peccato quando erano i bianchi a essere messi sotto il giogo, non gli africani. Tutti gli uomini sono stati creati uguali, a meno che non decidiamo che tu non sei un uomo.



© una valigia ricca di sogni - marta.sognatrice

Partiamo da una domanda: cosa si intendeva dal punto di vista storico per Underground Railroad, ossia Ferrovia Sotterranea?

La Ferrovia Sotterranea non era una ferrovia vera e propria, bensì una rete clandestina di itinerari segreti e luoghi sicuri utilizzati nell'800 - prima della Guerra di Secessione - dagli schiavi afroamericani per fuggire dagli stati schiavisti del sud degli Stati Uniti verso il Nord, arrivando infine in Canada. Questo avvenne grazie all'aiuto di abolizionisti solidali con la loro causa. Erano, quindi, dei percorsi attraverso vie segrete, case, “stazioni” di riposo, dove gli schiavi potevano riposare e ristorarsi e ricevere indicazioni per proseguire. Il tutto era sviluppato anche tramite codici segreti, ossia reti di comunicazione che potevano avvisare le diverse stazioni dell'arrivo degli schiavi; o anche tramite il canto.
Gli schiavi scappavano di notte, spesso con l'ausilio della luce lunare, e seguivano a piedi la stella polare o i corsi d'acqua.

Non era facile. Per nulla. Gli stessi abolizionisti, queste guide solidali, rischiavano la morte. In più, nel 1850, fu istituita la Fugitive Slave Law, una legge che esigeva la restituzione anche negli Stati del Nord degli schiavi fuggiti. Esseri, o meglio cose per i bianchi-padroni, di loro proprietà, che potevano essere liberamente recuperati dai Cacciatori di schiavi privi di scrupoli.

Partendo da questo concetto, quindi, Colson Whitehead decide di rendere questa rete, una vera e propria ferrovia sotterranea, attraverso la quale la giovane protagonista, Cora, riesce a scappare dalla piantagione di cotone in cui era nata e cresciuta, seguendo una flebile speranza di libertà.

Siamo nella Georgia della prima metà dell'Ottocento, e Cora è una giovane schiava nera nata e cresciuta nella piantagione di cotone dei Randall. Abbandonata dalla madre in tenera età, unica donna che è riuscita a fuggire da quel luogo di tormenti e morte, Cora ha dovuto subire i soprusi e le violenze non solo dei Padroni bianchi, ma anche degli altri Schiavi che l'hanno relegata a vivere nell'Hob, dove venivano confinati i reietti. La sua unica consolazione è un misero pezzo di terra, una sorta di orticello creato da sua nonna Ajarry, che anche lei coltiva e difende con amore.
Quando Caesar, un giovane della piantagione, la invita a fuggire insieme a lui, lei è da principio turbata dalla voce di sua nonna, che non si è mai ribellata alla sua condizione, ma dopo l'ennesima violenza, segue l'esempio di sua madre e decide di fuggire.

Inizia quindi il viaggio avventuroso dei due ragazzi, e in particolare di Cora, che cercano di arrivare verso il nord degli Stati Uniti, grazie all'aiuto di molti esponenti della Ferrovia Sotterranea. Un percorso arduo e denso di difficoltà, che diventerà ancor più difficile quando sulle loro tracce si metterà Arnold Ridgeway, un terribile cacciatore di schiavi, che sembra nutrire soprattutto per Cora un morboso interesse, un'eco derivante dal passato. Riuscirà Cora a sfuggire da quella non-vita e a trovare la sua libertà? A quale prezzo?

Se volete sapere com'è fatto davvero questo paese, io lo dico sempre, dovete prendere il treno. Mentre andate a tutta velocità guardate fuori, e vedrete il vero volto dell'America.

Questa lettura ha fatto sorgere in me diverse riflessioni.

In primo luogo sono molto felice di aver letto questo romanzo perché mi ha dato modo di scoprire una realtà che non conoscevo, anche se è stata resa in maniera più fantasiosa: ossia questa Ferrovia Sotterranea che mostra almeno una parte più umana e generosa dell'America.
Lo stile di Whitehead è molto scorrevole, ci sono immagini molto forti, crude e violente, ma nel leggerlo mi sembrava anche perfetto per un possibile film. Accanto a queste, però, ci sono anche molti messaggi importanti che mettono in luce il modo in cui i neri erano trattati. Un'eco che risuona anche, purtroppo, nel presente. Una scia di sangue che non sembra essersi poi del tutto fermata.

Cora è un personaggio molto forte. Resta impresso. In più di un'occasione dimostra una grande forza d'animo e un coraggio evidente. Cerca di aiutare gli altri, di comprendere, di lottare per ciò che ama e per la sua libertà. Non perde la sua speranza anche quando tutto sembra andare male. Cora è inizialmente diffidente. Cora odia. Cora ama. Cora combatte per la sua libertà. Ha le sue fragilità, ma anche una grande determinazione.


Quello che emerge tra queste pagine è anche un difficile rapporto madre-figlia. Cora non riesce da un lato a comprendere sua madre, Mabel. La donna, infatti, è scappata lasciando la sua bambina e non ha mai tentato di tornare indietro a salvarla. Mabel diventa un simbolo, uno spunto importante, una sorta di luce per chi ha il desiderio di fuggire via. Cora dice di odiarla, eppure ne segue il percorso e, in fondo, vorrebbe ritrovarla anche per poter avere risposta alle tante domande che ha, seppur mossa anche da un profondo desiderio di vendetta. Anche se, per me, è solo la rabbia scatenata da un senso di incomprensione, di abbandono. E forse non sono poi così diverse. Non posso dirvi di più su Mabel, per non rovinarvi la sorpresa.

Nella morte il nero diventava un essere umano. Solo in quel momento era uguale al bianco.

Per quanto riguarda il discorso principale sulla schiavitù, ci sono così tante cose da dire!
Nel suo percorso verso la libertà Cora attraversa diversi Stati Americani che mostrano ognuno una diversa faccia del razzismo e della supremazia assurda dei bianchi.

Dalla Georgia, terra in cui gli schiavi vengono trattati come bestie da lavoro, sfruttati, umiliati, torturati e uccisi al primo sgarro, attraversa poi le due Carolina.

Nella Carolina del Sud c'è una solidarietà apparente che cela in verità una diversa forma di razzismo. Qui i neri sembrano essere accolti e aiutati: viene insegnato loro a leggere e scrivere, donato un lavoro, ma in realtà questa sorta di libertà è molto flebile. Questo lato umano è solo una menzogna dietro la quale si annida qualcosa di più perverso, in cui è ancora presente questa autorità tutta bianca. Ben presto, infatti, Cora apprende come sia stato istituito un piano di sterilizzazione - soprattutto per le donne nere - per contenere l'aumento dei neri. Donne che hanno disturbi mentali o nervosi, e che hanno avuto più di un figlio, sono obbligate a subire un'operazione che possa impedire loro di averne altri. E per quanto riguarda le altre, o gli uomini, è caldamente consigliato di seguire lo stesso percorso. Ancora una volta, quindi, l'uomo bianco fa suo un potere che non gli appartiene: gestire la vita di altre persone, che non hanno così diritto di parola. Seppur all'apparenza sia una delle situazioni meno violente, io l'ho trovata molto più disturbante e destabilizzante. Dietro i sorrisi, l'aiuto, si nasconde sempre un'immagine mostruosa.

L'America ha importato e allevato così tanti Africani che in molti stati i bianchi sono ormai in minoranza. Anche solo per questo motivo, l'emancipazione è impossibile. Grazie alla sterilizzazione strategica  - prima delle donne, col tempo di entrambi i sessi - potremmo liberarli dalla schiavitù senza paura che ci massacrino nel sonno.

La Carolina del Nord è sicuramente la parte più violenta e più crudele (insieme alla Georgia). Sin dal suo arrivo Cora è turbata dal Sentiero della Libertà, dove una serie infinita di corpi di neri è appesa agli alberi. Ogni venerdì, poi, si svolge una macabra festa, in cui oltre ad aver luogo il minstrel show - sketch e recite di bianchi che si colorano la faccia di nero per umiliarli e deriderli -, si conclude tutto con un terribile rito: l'uccisione di un nero.

Le varie forme di razzismo, nelle due Carolina soprattutto, mi hanno ricordato molto la Shoah, le leggi razziali contro gli ebrei, ma anche altre forme di razzismo e violenza presenti nei vari genocidi della storia, anche recente. Ho provato sgomento e una forte indignazione nel comprende come, in fondo, le modalità non siano mai così diverse.
In Carolina del Nord, infatti, oltre a quelle feste del venerdì, ci sono continue ronde e controlli nelle case per scovare possibili neri fuggiaschi. Una volta scoperti vanno uccisi senza esitazioni. Ma non è solo questo. Anche i bianchi che osano aiutarli rischiano la medesima sorte. Ed è così che hanno luogo continue delazioni da parte dei vicini, che spesso per liberarsi di persone scomode, fanno la spia, mettono in pericolo gli altri.
Interessante, però, è anche la riflessione sulla “schiavitù dei bianchi”: anche loro non sono esattamente liberi, fintanto che saranno bloccati dalla paura, da questo terrore di possibili rivolte dei neri che rischiano di diventare sempre più numerosi.

Non c'era da stupirsi se i bianchi si aggiravano per il parco mentre calava il buio, pensò Cora, con la fronte premuta contro il legno. Erano fantasmi anche loro, intrappolati fra due mondi: la realtà dei loro crimini, e l'aldilà che gli era negato a causa di quei crimini.


Cora, poi, è costretta a vivere in una soffitta, come un topo, senza poter far rumore alcuno. Vi ricorda qualcuno?

Il viaggio di Cora prosegue poi per il Tennessee, fino all'Indiana dove c'è una parvenza di libertà. Qui la giovane riesce a trovare rifugio nei libri: legge molto, studia, trova una sorta di comunità in cui poter essere felice. Scopre anche l'amore. Eppure...
C'è sempre la sensazione in questo libro che non ci sia una vera e propria libertà. La paura continua, l'ansia cresce. I momenti di respiro sono spezzati.

E con quel finale aperto che lascia una speranza, arriva anche una domanda: ci sarà mai piena libertà per i neri? Potranno mai sentirsi finalmente sicuri di vivere?


È un romanzo che consiglio, perché può davvero far affiorare una serie di riflessioni importanti, anche sul nostro presente. Scorrevole, coinvolgente, con un'altalenarsi di eventi che trasmettono il medesimo senso di inquietudine che prova Cora anche al lettore. Interessante è la rappresentazione di personaggi grigi. Non tutti i neri sono buoni e i tutti i bianchi cattivi. No. Ci sono sfumature diverse in ogni personaggio rappresentato, anche nella stessa Cora.

Non possiamo salvare tutti. Ma questo non significa che non possiamo provarci. A volte un'illusione utile è meglio di una verità inutile. Non crescerà nulla di commestibile in questo freddo gelido, ma possiamo comunque coltivare dei fiori.
[...]
E anche l'America è un'illusione, la più grande di tutte. La razza bianca crede - ci  crede con tutto il cuore - che sia suo diritto impadronirsi della terra. Uccidere gli indiani. Fare la guerra. Mettere in catene i propri fratelli. Questa nazione non dovrebbe esistere, se ci fosse giustizia a questo mondo, perché le sue fondamenta sono l'omicidio, il furto e la brutalità.

IL LIBRO

La ferrovia sotterranea
Colson Whitehead
Casa editrice: Edizioni SUR
Traduzione di: Martina Testa
Pagine: 376
Prezzo: 20.00€ / E-book: 12.99€
Anno di pubblicazione: 2017
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