Amate l'Odissea?
Avete mai provato a leggerla in maniera diversa, andando a cercare possibili affinità con la vita attuale?
Cesare Catà con il suo nuovo volume “Una zattera per Itaca: l'Odissea come guida spirituale per naufraghi contemporanei”. pubblicato recentemente da Ponte alle Grazie, ha cercato di rileggerla e analizzarla con un approccio filosofico, andando alla ricerca di messaggi celati e preziosi.
Il suo tentativo è stato quello di chiarificare alcuni problemi degli uomini e delle donne del XXI secolo alla luce di questa storia all'origine della civiltà occidentale e, reciprocamente, di comprendere meglio e da prospettive nuove le pagine Omeriche alla luce di tali problemi”.
E devo ammetterlo, ancora una volta mi ha permesso non solo di fare un bellissimo viaggio in un'opera che avevo apprezzato a scuola, ma anche di riflettere un po' sul nostro mondo, su me stessa, piccola naufraga in un mare in tempesta alla ricerca costante della sua Itaca. Inoltre, mi ha spinta a voler riprendere quel testo Omerico, per leggerlo con occhi nuovi e un maggior approfondimento.
Alla Terra Marchigiana tra i Sibillini e l'Adriatico, con tutte le donne e tutti gli uomini che la vivono: mia Itaca da amare, abbandonare, sempre ritrovare.
(Lo ammetto, mi son commossa per questa dedica. Anche se lontana, forse la mia Terra Marchigiana resterà sempre un po' la mia Itaca da cui tornare e sempre ritrovare.)
Il libro è strutturato similmente a Chiedilo a Shakespeare: gli antidoti del Bardo al mare delle nostre pene, di cui potete trovare una mia riflessione sul blog. In ogni capitolo, analizzando meglio i vari personaggi che Omero ci presenta nel corso del viaggio dell'eroe, si approfondiscono vari temi: dalle differenti forme d'amore, alla maturazione, al riconoscimento, alla straziante impossibilità di separarci dai nostri morti, ma anche ai mostri che portiamo dentro che dobbiamo affrontare per non soccombere al mare violento della vita.
Primo menzionato non può che essere Odisseo, l'uomo - la prima parola che dà avvio all'opera omerica - che deve fare ritorno (Nostos) a casa. Ma non si tratta di un mero viaggio fisico, ma anche fortemente interiore. Sono tanti i pericoli e le avventure che Odisseo deve affrontare in tutti quegli anni lontano da casa, tante le tentazioni, tanti i blocchi posti nei suoi confronti dagli Dei, soprattutto da Poseidone. L'eroe deve tornare anche a se stesso, ritrovare quelle coordinate che lo rendono ciò che è destinato a essere: un sovrano, un padre, un marito. Tolte Itaca, Telemaco e Penelope, Odisseo non è più se stesso, diventa Nessuno.
Diventa così l'emblema stesso anche dell'uomo moderno: che cerca costantemente di arrivare a essere se stesso, a ritrovare la propria casa, quelle coordinate di senso che ci rendono quelli che siamo.
Partendo da Odisseo, affrontiamo poi tutto il suo viaggio, andando ad analizzare pian piano tutti i personaggi: da Telemaco, che si ritrova a compiere un vero e proprio percorso didattico per trovare la propria via, la sua maturazione, ed essere così pronto all'incontro con suo padre, alle varie figure femminili che hanno un ruolo chiave nel ritorno dell'eroe a casa, da suo padre, da suo figlio, da... Penelope.
(Penelope) Legata a Odisseo da una reciprocità originaria, è come se i due fossero le parti separate di una stessa anima; note umane accordate sullo stesso diapason spirituale, che soltanto nel risuonare insieme trovano piena espressione armonica.
Penelope, incarnazione dei tratti di due Dee opposte, che in lei trovano una splendida armonia, Artemide e Afrodite, la saggezza e la bellezza. La moglie di Ulisse viene associata all'ansia dell'abbandono: deve, infatti, affrontare l'assenza ingiustificata di chi ama, la mancanza dell'uomo che è partito per la guerra e non ha lasciato traccia di sé. Penelope non viene qui vista come una semplice sposa fedele che resta ad attendere il ritorno dell'amato, ma anche come una sorta di eroina strettamente connessa - anche come aspetti psichici - al suo uomo. La donna riesce a salvaguardare il trono, l'isola, e il suo cuore per un tempo lungo, perché ha in sé capacità eroiche.
Come riuscire a sopportare l'assenza improvvisa di chi ami? Il dolore dell'abbandono? Attraverso il suo esempio, rimanendo presenti a se stessi. Focalizzandosi sulle cose e sulle persone che amiamo, sulle nostre attitudini e vocazioni, per non cadere così in quell'ansia nociva.
Penelope è l'amore profondo, ma ci sono altre forme di tale sentimento che vengono analizzate.
Dall'amore che pian piano si spegne, almeno da parte di uno dei due, e che lo spinge a vedere ormai nell'altra 'solo un'amica'. Come accade con Calipso. Due creature troppo diverse per stare insieme.
All'amore "non sincronizzato" con Nausicaa. Lei che capisce di aver incontrato il grande amore, ma nel momento più sbagliato. Nausicaa però non è ingannata da Odisseo, bensì dal Destino. Forse proprio come tutti noi quando ci innamoriamo di qualcuno che poi le circostanze ci impediscono di amare.
Ci sono amori impossibili che sono troppo forti per essere soppressi. Amori che sopravvivono invisibili e muti nel corso degli anni, anche se non si concretizzano e non si stabilizzano. Amori che restano, palpitando sottopelle nei cuori di amanti che non si sfiorano. Forse non c'è un altro modo per accettare la cosa, se non capire che, proprio perché non realizzato e non vissuto, un amore del genere ci accompagna comunque per sempre. E spesso è una consolazione che non serve quasi a niente.
E poi c'è il cosiddetto 'terrore d'amore' che Odisseo prova con Circe. Un amore a tratti disturbante, che disorienta, facendo venire a galla le paure più profonde e inconfessabili. Un amore forse terribile che però permette ai due amanti di arricchirsi, di salvarsi a vicenda. Grazie a Circe, Odisseo può fare i conti con la sua Ombra, con la parte rimossa di sé, con i morti che si porta dentro. In lei trova l'aiuto necessario per affrontare veramente il ritorno, dovendo però prima affrontare uno dei momenti più tragici e difficili del suo viaggio: la discesa nell'Oltretomba, dove tra gli altri, incontrerà sua madre e dovrà fare i conti con una scoperta terribile. L'incontro con Anticlea, che lui non sapeva essere morta, rappresenterà però per lui non solo un motivo di forte struggimento ma anche una sorta di rinascita; sua madre gli dona una speranza più alta, per cercare la via verso la luce.
Odisseo cambia. Perché in fondo è quello che accade quando subiamo una perdita così grande. Certi dolori sfigurano l'anima.
L'incontro tra Odisseo e Circe ci mostra forse l'esito più bello di una storia d'amore che finisce male. Lasciandosi con dolore ma senza rimorsi, i due si sono arricchiti infinitamente l'un l'altra, mettendo tutto in gioco ne loro rapporto, senza riserve. Hanno rischiato di disintegrarsi, ma ciò ha condotto entrambi a un'evoluzione decisiva. Lui, marinaio disperso, è divenuto un uomo consapevole della rotta da seguire e del proprio animo; lei, Dea feroce e fatale, si è rivelata una dispensatrice di fortuna e compassione.
Un altro personaggio femminile importante è Euriclea, la balia di Odisseo, che grazie a una cicatrice lo riconosce. Lei che con un gesto gentile, una carezza sul mento sancisce davvero il suo ritorno. Nello sguardo sicuro e commosso di Euriclea che lo vede fanciullo, ora che è vecchio, Odisseo si specchia e torna se stesso. Quella carezza rifonda il suo universo.
Diventiamo fragilmente e preziosamente noi stessi, sentendoci a casa, solo negli istanti in cui qualcuno ci carezza con tenerezza, amandoci per quello che siamo: per quello che eravamo da bambini, prima e a prescindere dalle metamorfosi che la vita poi ci imporrà sulla faccia, sul corpo e persino dentro l'anima.
Quelli che vi ho proposto sono solo alcuni spunti che ho tratto da questo splendido volume di Cesare Catà. Ma c'è molto altro da scoprire, approfondire, su cui riflettere.
Ogni episodio dell'Odissea rappresenta una forma differente del medesimo terrore: quello di perdersi, di smarrirsi, sballottolati dalle onde di un mare impetuoso; la paura di essere Nessuno, di non riuscire a realizzare il nostro diritto alla felicità. Nel corso della vita siamo chiamati ad affrontare una serie di incubi e paranoie, che rischiano di farci allontanare da noi stessi e dalla nostra meta. Ma sta a noi trovare le coordinate giuste, 'il punto di consistenza della nostra essenza', il nostro 'letto d'olivo' che ci fa tornare, almeno per un po', ad Itaca. In noi. Ritrovando la nostra essenza. Il nostro scopo. Coltivando, magari, come Odisseo quell'intelligenza creativa, contro l'imprevedibilità della vita, cercando di essere noi stessi, senza omologarci, distinguendoci per le nostre idee e la nostra vera essenza.
Alla fine di ogni capitolo si può trovare un'interessante bibliografia, dalla quale prendere spunto per ulteriori approfondimenti.
Come sempre, Catà non mi delude. L'ho trovata una lettura davvero interessante, che tutti gli amanti dell'Odissea - ma non solo - dovrebbero recuperare! Mi ha colpito leggermente meno del volume dedicato a Shakespeare ma, come dicevo, mi ha lasciato addosso una gran voglia di riprendere in mano il poema omerico e tornare ad affrontare il viaggio di Odisseo, magari con uno sguardo nuovo, diverso.