Il barone rampante, di Italo Calvino

31 mar 2021

Libri

Marzo con... Italo Calvino

Dopo aver concluso Il visconte dimezzato ho continuato il mio viaggio alla scoperta di Calvino con Il Barone Rampante, forse il titolo più conosciuto e amato della Trilogia. Ecco, come al solito io faccio parte di quelli che non l'hanno così amato. Chiariamo: mi è piaciuto sì, mi ha intrattenuta, a tratti fatto ridere e anche aperto a delle riflessioni, ma non mi ha fatto gridare al capolavoro. Forse perché non ho compreso in maniera completa il messaggio di fondo, o forse semplicemente perché non è troppo in linea con i miei gusti personali.

Riconoscere la bravura di un autore ci sta, e anche l'originalità di un testo, ma nelle riflessioni subentra anche una componente soggettiva ed emotiva che non può essere messa da parte.
Ho letto più lentamente questo libro rispetto al primo; in dei capitoli mi ha preso, in altri ho provato un po' di difficoltà e noia, ma è comunque un libro particolare, da leggere e conoscere.

Si conobbero. Lui conobbe lei e se stesso, perché in verità non s'era mai saputo. E lei conobbe lui e se stessa, perché pur essendosi saputa sempre, mai s'era potuta riconoscere così.


© una valigia ricca di sogni - marta.sognatrice

Ne Il barone rampante si narra la vita di Cosimo Piovasco di Rondò dal punto di vista del suo fratello minore Biagio. Siamo quasi alla fine del Settecento, e ci viene presentata la nobile famiglia ligure d'Ombrosa, alquanto particolare e a tratti bizzarra. A seguito di un litigio con i suoi genitori per via di un piatto di lumache che si rifiuta di mangiare, il dodicenne Cosimo scappa e sale su un albero, e da lì non scenderà mai più. Trascorrerà tutta la sua vita sugli alberi, facendo la conoscenza di numerosi individui: dalla giovane Viola, di cui s'innamora sin dal primo istante, al bandito Gian De Brughi, ma anche incontri con la popolazione locale, e con altri gruppi di passaggio; si ritroverà a guidare anche attacchi contro pirati turchi, o a conoscere e aiutare nobili spagnoli esuli che, come lui, vivono sugli alberi. Sono tante le avventure di Cosimo nella sua vita, gli incontri, le battaglie sociali, lo studio della filosofia, le lettere scambiate con diversi personaggi storici - tra cui il filosofo Voltaire - e gli incontri amorosi.

Anche qui, quindi, come per il precedente titolo ci troviamo di fronte a una sorta di favola, dai toni allegorici ma anche eccentrici, con sfumature storiche - arrivano anche i venti impetuosi della rivoluzione Francese e della Restaurazione - ma può essere visto anche come un vero e proprio romanzo di formazione. Cosimo è solo un bambino quando si ribella agli ordini dei genitori e sale sull'albero, ma pian piano crescerà e maturerà, a seguito anche di diverse esperienze intellettuali, sociali, rischiose, e amorose fino ad arrivare a un finale che rispecchia il suo carattere, il suo essere completamente fedele a se stesso.

- Perché mi fai soffrire?
- Perché ti amo.
Ora era lui ad arrabbiarsi: - No, non mi ami! Chi ama vuole la felicità, non il dolore.
- Chi ama vuole solo l'amore, anche a costo del dolore.

Cosimo, infatti, incarna l'individuo che prende una decisione e ne rimane fedele a ogni costo. È testardo, molto orgoglioso, ma anche altruista, e aperto a nuove idee. Con la sua persuasione riesce a unire anche le persone per perseguire uno scopo comune. Cosimo, inoltre, non vuole trincerarsi dietro dei paletti precostituiti e questo si nota sin dalle prime pagine: il padre Arminio, in particolare, è un nobile ambizioso che non accetta i venti del cambiamento che stanno arrivando. Impone regole rigide ai figli, tiene molto alla sua immagine. E questo porta il giovane protagonista a ribellarsi. Ecco, nel suo personaggio io ci ho visto il riflesso di tutti quegli individui che vogliono aprirsi alle novità, conoscere, comprendere, e non restare ancorati a certi atteggiamenti e paletti del passato o stabiliti dalla società. Cosimo, infatti, riesce a sopravvivere anche in condizioni assurde. Come si può vivere per sempre in cima agli alberi? Eppure lui ci riesce. Studia, crea, progetta, cresce. S'ingegna per riuscire a risolvere i problemi che via via incontrerà nella sua nuova vita. E se per alcuni può apparire un folle, da altri viene anche ammirato.

Le imprese più ardite vanno vissute con l'animo più semplice.

Vivere in alto, poi, gli permette di osservare le cose da un punto di vista differente, da una diversa prospettiva, forse in modo anche distaccato, da una certa distanza. E questo forse è il modo migliore per riuscire a capire maggiormente il mondo, tutte le sfumature della realtà in cui viviamo.

Leggere Il barone rampante mi ha riportato un po' alla mente la Marta bambina, quella che saliva sugli alberi, si arrampicava come una piccola scimmietta, e si sentiva libera lassù, tra quei rami di ulivo, nella campagna che tanto amava e ama ancora, e che manca così tanto...

Concludo dicendo che resta un romanzo da leggere o rileggere; intrattiene, in dei momenti fa anche ridere, e tra le righe si possono trovare delle riflessioni importanti (forse anche molti più temi di quanti ne ho rilevati). Mi è piaciuto l'amore per i libri e la voglia di ampliare le proprie conoscenze, ma anche l'ingegno di Cosimo, che dal nulla o nonostante le difficoltà riesce a trovare sempre una soluzione e ad andare avanti. In molte occasioni ho sorriso, soprattutto dinnanzi all'amore tra Cosimo e Viola; e ho amato questo pensiero di vedere le cose da un'altra prospettiva, andando al di là di regole imposte. Però, non è riuscito ad attrarmi con forza quanto avrei voluto.

Non ci può essere amore se non si è se stessi con tutte le proprie forze.

IL LIBRO

Il barone rampante
Italo Calvino
Casa editrice: Einaudi
Pagine: 288
Anno di pubblicazione: 1957
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