Non ricordo come e quando ho scoperto il profilo Instagram di Siankiki, ma da quel momento è diventato uno dei miei preferiti. Mi sono innamorata delle immagini, e poi dei testi. Della gioia, dell'amore, della cultura diversa ma altrettanto affascinante dei Maasai, della sua forza nonostante le difficoltà, il dolore, la malattia. A mio avviso, è una di quelle persone da seguire, perché può emozionarti e in un certo senso arricchirti dentro. In un mondo in cui serpeggiano sempre più odio e violenza, la voce di Gaia Dominici riesce a donarti un po' di luce e magari a farti aprire un po' di più la mente, anziché vedere sempre nelle culture “diverse” dalla tua, il male. Solo perché non lo comprendi, solo perché è un qualcosa di lontano dalla realtà in cui sei cresciuta.
Quando ho scoperto del suo libro, non vedevo l'ora di leggerlo, certa che Gaia non mi avrebbe delusa. E, infatti, tra queste pagine ho respirato le stesse emozioni, forse anche amplificate, che riesce a donare grazie a una foto, a una didascalia, a delle storie in cui ti fa un po' entrare nel suo mondo, nella savana, nella sua famiglia Maasai con le giraffe in giardino.
Ho letto “La nostra vita nella savana” nel giro di due giorni, mi sono commossa e ho ammirato la forza di questa giovane donna che è riuscita ad affrontare alcuni aspetti più duri dell'esistenza, con coraggio, ma soprattutto con tanto amore. Scriverne non è facile, perché secondo me bisogna approcciarsi a un testo simile, a un diario di vita, con rispetto, con attenzione, aprendo il cuore e la mente. Occorre oltrepassare a piccoli passi quella porta del cuore che viene aperta mettendoci cura, ascolto, ed empatia. E spero di riuscire a farlo.
Non posso comprendere appieno molte delle emozioni provate da Gaia, perché la mia vita è diversa, con lei però condivido, in un certo senso, quella continua ricerca di un posto da chiamare casa, che ancora oggi non sono certa di aver del tutto trovato; e anche quelle sensazioni molto forti, vivendo a distanza dalla tua famiglia. Quella felicità nel tornare tra le braccia di chi ami e nel luogo in cui hai affondato finalmente le tue radici ma allo stesso tempo quel senso di vuoto nel doversi allontanare di nuovo dai tuoi cari.
In ogni vita ho avuto un nome diverso. Sono stata Erika quando sono nata fisicamente. Gaia, dal momento in cui ho fatto capolino nei pensieri di mia madre e di mio padre. Naramatisho, quando sono stata accolta nella nostra comunità maasai durante il mio primo viaggio nelle loro terre come fotoreporter. Mama Naresiai, quando sono diventata madre di mia figlia.
Gaia è giovane ma ha già vissuto molte vite.
È stata per un brevissimo tempo Erika, una bambina abbandonata a pochi mesi dalla giovane donna che l'ha messa al mondo. Una madre che però, in quel breve lasso di tempo, le ha dato un nome, un'identità; un gesto che forse ha contribuito a scatenare anche una serie di conflitti con se stessa una volta cresciuta, facendole sviluppare un forte senso di abbandono. È diventata Gaia, quando è nata di nuovo nel cuore dei suoi genitori, Luisa e Remo, che sono andati a Bogotà, in Colombia, a prenderla e crescerla in un ambiente diverso, tra Genova e la Sicilia, in cui ha avuto tutto, non solo cose materiali ma anche tutto l'amore possibile. Una realtà differente dove, però, la piccola si è dovuta scontrare anche con forme di razzismo, per quella pelle più “scura”. Ed è sempre triste scorgere questo odio nella voce dei più piccini.
... le parole sono azioni. [...] non è vero che sono “solo parole”, le parole sono dardi infuocati che possono aprire una voragine dentro, possono creare cieli immensi o abissi profondi e orridi, nei quali l'anima rimane incastrata e non basta una squadra di soccorso speciale per andarla a prendere.
Gaia ha provato dentro di sé una sorta di irrequietezza, che l'ha spinta lontano. Prima in Australia, poi in Cornovaglia per studiare nella facoltà di Fotografia e specializzazione in reportage di guerra. Una scelta che l'ha condotta tra gli ultimi, nella povertà più assoluta: prima in Brasile e poi, il suo cuore, ha scelto il Kenya. Ed è qui, nella savana, nella terra dei Maasai, che Gaia è riuscita a rimettere insieme i pezzi della sua anima, si è sentita intera, avvertendo la sensazione di essere finalmente a casa all'interno di una comunità che l'ha subito accolta, e soprattutto incontrando, tra i vari volti che fotografava, degli occhi neri come la pece, profondi come gli abissi e vivi come il fuoco: quelli di Ntoyiai, guerriero Maasai, la sua anima gemella. Il suo grande amore. E poi suo marito.
In questa comunità Gaia diventa Naramatisho, e con la nascita della loro bambina, Mama Naresiai.
La loro storia d'amore sembra quasi quella di un romanzo o di un film, ma sapere che è tutto vero riesce a emozionare, se possibile, ancora più nel profondo. E dalla loro unione, dalla fusione di due culture differenti ma che possono completarsi, laddove c'è ascolto, comunicazione e reciproco rispetto, è nato un uragano di dolcezza, carisma e simpatia: la piccola Nare, la figlia di due culture, che potete scorgere sulla pagina Instagram e che sono sicura riuscirà a conquistare anche voi.
Ma la vita non è una semplice favola. Tra questa pagine si parla anche di malattia, di dolore, di perdita, di senso dell'abbandono. Ci sono capitoli che non sono facili, ma nel buio emerge sempre quella luce, quel coraggio. Quello di una donna che ha paura di morire, di essere dimenticata, ma vuole vivere. Che ha affrontato e continua ad affrontare una malattia degenerativa, che lotta per la vita che ha scelto, per l'amore. Sì, questo è un sentimento che si respira moltissimo in queste pagine. Un amore intenso, che viene dai vari membri di questa famiglia mista, 'variopinta', con le sue diversità ma anche unicità.
... ho avuto la fortuna di avere qualcuno al mio fianco che si è impegnato per la mia felicità, prima ancora di prendermi tra le braccia. Che mi ha insegnato che l'amore non ha paletti, non ha confini, non ha sbarre. L'amore è l'unica cosa che, anche se lo nomini, non ha definizioni.
L'amore è libertà.
Tra queste pagine potete trovare anche alcuni spunti interessanti sulle usanze della comunità Maasai, e anche storie, a volte molto commoventi, su alcune persone molto importanti per Gaia e Ntoyiai. Come quella del giovane Emmanuel (che se seguite il profilo di siankiki, potete capire chi sia) o di suo padre...
Perché consiglio a tutti di leggere questo libro? Perché oltre a trovare una storia di vita vera, con le sue luci e le sue ombre, fa anche riflettere sul mondo attuale. Su quanto noi che proveniamo da una società più ricca, che abbiamo più o meno tutto, ci sentiamo troppo spesso superiori alle altre culture e, chiudendo mente e cuore, non riusciamo a scorgere oltre. È facile attaccare il diverso, quello che non si conosce. Troppo facile sentirsi migliori, ma migliori di chi? Chi stabilisce quale sia la cultura migliore? E soprattutto, perché c'è sempre questa esigenza di voler insegnare, di volersi sentire superiori? La storia d'amore di Gaia e Ntoyiai secondo me può donarci tanto: fa comprendere come due culture diverse possano completarsi, se proviamo rispetto, e cerchiamo di non imporre il proprio giudizio. Sì, è vero, io sono la prima a non comprendere totalmente certe scelte, certi credi, certe usanze, ma allo stesso tempo mi dico sempre “se non c'è violenza verso il prossimo, perché devi imporre il tuo credo, la tua usanza, il tuo giudizio, ritenendoti quindi più elevato?”. Forse non avrei mai il coraggio di vivere in un boma, o continuerò un po' a far fatica a comprendere alcune usanze maasai, ma allo stesso tempo mi piace conoscere le loro storie, e soprattutto credo che il rispetto sia alla base di tutti i rapporti umani.
La loro storia insegna anche quanto sia importante la comunicazione in ogni relazione, per conoscersi meglio, per non lasciare che la rabbia distrugga tutto. Ma anche quanto sia fondamentale imparare ad amarsi, a perdonarsi. E questo è uno di quei punti dove io, personalmente, devo ancora lavorarci tanto.
Oggi ho capito che certe ferite non si rimarginano. Il tempo le lenisce, ma nessuno le guarisce. Ho capito che per muoversi in avanti, si può anche guardare indietro. Ma solo per perdonare e tornare ad amare. Ancora più forte, anche nel momento più buio della notte.
Io sono felice di seguire persone come Gaia, perché riescono a farmi riflettere, a permettermi di allargare pian piano le mie vedute, ad andare oltre le apparenze per scorgere l'essenziale, ciò che è veramente importante. Che ce ne facciamo di avere tutto, se poi il nostro cuore è pervaso dall'odio?
Perché prima di parlare non proviamo a pensare? Molto spesso le parole possono arrecare un dolore profondo, e anche la verità, se gettata lì con violenza e insensibilità, solo per fare male, può distruggere una persona.
Vi invito, davvero, a farvi un bel regalo, leggendo questo libro. O a donarlo ad altri, come ho fatto io con mia sorella.
Grazie Gaia, Ntoyiai, dolce piccola Nare, e alle vostre splendide famiglie alle quali ho finito per affezionarmi anche io. Grazie per tutte le emozioni che mi avete donato.
E no, Gaia, non sarai dimenticata. Quella ragazza che viveva nella savana e che raccontava che dal suo dolore era diventata amore, ha lasciato un segno almeno nel mio cuore.
Abbiamo capito che l'uguaglianza e il rispetto stanno proprio nella consapevolezza delle proprie naturali diversità. La comunicazione, la comprensione reciproca e l'empatia dovrebbero essere alla base di ogni rapporto umano, ma all'interno di una famiglia mista sono elementi imprescindibili.
[...]
Abbiamo dato vita al nostro piccolo mondo, dove nessuna cultura è migliore delle altre, nessuna tradizione è troppo stupida o insensata e nessun figlio ti appartiene veramente.
[...]
Felici di aver costruito la nostra vita unendo le somiglianze ma senza mai rinnegare le nostre differenze. Perché la felicità di qualsiasi essere umano è soprattutto una questione di rispetto.
Alla fine del volume potete trovare anche un dizionario maasai-italiano, così da apprendere almeno qualche parola di quella lingua!